Verri, ucciso dalla furia di Igor «La Provincia non lo ha protetto»
Le motivazioni del risarcimento per il volontario ucciso dal killer serbo
L’8 aprile 2017 Valerio Verri fu ucciso da Norbert Feher, alias Igor il russo, mentre svolgeva attività di antibracconaggio nelle campagne ferraresi da volontario, per conto della Provincia di Ferrara. Ma «la polizia locale non poteva non essere a conoscenza delle attività di indagine in corso; pattuglie erano in costante contatto con i carabinieri». Nonostante ciò Verri fu mandato in strada con la guardia provinciale Marco Ravaglia: «La polizia provinciale consentì che l’attività di pattugliamento in coppia mista agente/volontario continuasse, senza adottare alcuna precauzione, nonostante l’allarme sociale generatosi a causa dei fatti del 30 marzo, che suggerivano la temporanea sospensione del servizio di vigilanza da parte dei volontari o l’adozione di misure atte a ridurre il pericolo di imbattersi in persone sospette».
È quanto sostiene la giudice del lavoro, Alessandra De Curtis, nelle motivazioni della sentenza che ha condannato la Provincia di Ferrara a risarcire con oltre 1,1 milioni di euro i familiari di Valerio Verri, il volontario ucciso da Norbert Feher. Il killer solo una settimana prima aveva ucciso a sangue freddo Davide Fabbri nel suo bar di Budrio e si era dato alla fuga nascondendosi tra paludi e casolari nell’area tra Bologna e Ferrara, tanto che era partita una caccia all’uomo, che si sapeva essere armato e molto pericoloso. Ma nessuno fermò le attività dei volontari.
I familiari della vittima hanno intentato la causa civile contro l’ente ferrarese, assistiti dagli avvocati Fabio Anselmo e Rita Gavioli, sul presupposto che la guardia ecologica volontaria non doveva essere lì, perché Igor era già ricercato. «È del tutto evidente - sostiene ancora la giudice - che nel momento in cui il Corpo di polizia locale prevede ed organizza anche il pattugliamento in coppia mista, non è più possibile affermare che non vi sia alcun `incardinamento funzionale´, posto che, operando insieme, si realizza il rischio da interferenze che la norma mira ad evitare o contenere, poiché il volontario potrebbe trovarsi ad operare in contesti di maggiore pericolosità. Ciò fa sorgere in capo all’organizzazione che beneficia dell’attività del volontario l’obbligo di protezione e garanzia». Obbligo che per la giudice «non può certo essere disatteso sulla base della semplice previsione liberatoria contenuta nella Convenzione tra la Provincia e le associazioni di volontariato».
Perché anche l’attività di volontariato si svolge sotto il controllo ed il coordinamento del Comando di polizia provinciale (con esercizio del potere disciplinare sui volontari). Passando poi a considerare la posizione dell’agente Marco Ravaglia, che rimase gravemente ferito nell’agguato ma si salvò, sostiene infine la giudice, che la sua condotta «a seguito del contatto con il sospettato si è rivelata non idonea a salvaguardare la sicurezza della guardia, il che pone in evidenza la mancata espressa regolamentazione dell’attività di pattugliamento in coppia mista onde contenerne i rischi». Ravaglia, adocchiando un Fiorino sospetto, accostò l’auto e si avvicinò a piedi, ma Feher gli sparò a bruciapelo ferendolo, a quel punto Verri corse in suo aiuto ma fu colpito a morte.
L’agente ferito
«La condotta di Ravaglia non idonea a salvaguardare la sicurezza di Verri»