Luce sulla Commedia
Il libro Solferino ipotizza che a narrare la vita del poeta sia il Bardo Esce «Dante di Shakespeare III». Monaldi & Sorti: «Forlì il centro, ma si fermò nelle Marche»
«Dal fondo del Suo amore trasse un respiro... Perché sento nel cuore questa paura che ciò sia troppo sublime per essere vero?». È tutto un intrecciarsi di realtà, verosimiglianza, fantasia, poesia, versi e filosofia l’ultimo volume della trilogia Dante di Shakespeare di Rita Monaldi e Francesco Sorti (Solferino, 864 pagg., 22 euro) approdato ieri in libreria. L’ultimo volume di un’immaginaria trilogia in cui i due autori marito e moglie nella vita - immaginano che a poetare sulla vita di Dante e il suo approdo alla Commedia sia l’unico che possa essergli pari: William Shakespeare. Dal salotto della loro casa di Vienna, buen ritiro da qualche anno della coppia, rispondono via Meet, perfettamente sincronizzati anche nel dare la parola l’uno all’altra.
Monaldi & Sorti, com’è nato questo ponderoso lavoro?
Monaldi: «È iniziato tutto da una rinuncia. In previsione del settecentenario di Dante, nel 2021, ci avevano chiesto di scrivere un “Dante” per la Rai. Abbiamo scritto un soggetto che era anche piaciuto, è stato anche annunciato, ma non si è riusciti a trovare gli sceneggiatori in grado di tradurlo in prodotto televisivo. E così, mentre il progetto televisivo naufragava per la naturale diffidenza della tv nei confronti degli scrittori puri, e morta subito l’idea di scrivere un romanzo su Dante da cui poi eventualmente trarre una sceneggiatura, abbiamo rispolverato una passione teatrale mai sopita ed è stato naturale arrivare a Shakespeare. E l’incontro tra questi due giganti si è svolto con regale naturalezza davanti ai nostri occhi. Non raccontiamo Dante e Shakespeare, raccontiamo Dante usando la penna di Shakespeare. Siamo due chierichetti alle loro nozze».
Qual è lo Shakespeare che vi ha ispirato lo stile?
Sorti: «Direi tutto. Sia quello tragico dei grandi drammi che quello comico. Il cantastorie è il Matto di Re Lear».
In questo volume fate “nascere” la “Commedia”.
M: «La grande protagonista di queste 864 pagine è la Divina Commedia. Qui la vediamo molto rappresentata nelle piazze d’Italia, con i teatranti di strada, una materia che con naturalezza Shakespeare maneggia riccamente. Soprattutto nelle scene ambientate nelle Marche, in cui riprendiamo il Sogno di una notte di mezza estate, con la filodrammatica amatoriale marchigiana ricalcata sulla filodrammatica del Sogno. Abbiamo usato una piccola pennellata di marchigiano che comunque rimane comprensibile, ma in qualche modo per farlo ci siamo ispirati al gallese dell’Enrico V».
Quanto studio c’è nell’affrontare un’impresa del genere e non aver paura?
S: «Tanto. Seguire Dante e Shakespeare vuol dire seguire il “calderone” di studi sui due in perenne ebollizione. E come diceva Stravinskij il 5% è ispirazione, il 95%traspirazione».
Tra i primi ringraziamenti c’è Giuseppe Indizio, definito da voi «massimo biografo dantesco vivente».
S: «Santagata lo aveva indicato come dantista all’avanguardia. È uno studioso che ha aperto tante nuove porte. Lui, come noi, ritiene molto probabile una sosta di Dante nelle Marche, superando per la prima volta il “triangolo delle Bermude” tosco-veneto-emilianoromagnolo in cui la dantistica tende a inserirlo».
M: «Questa sosta marchigiana ci fa pensare che per Dante la base sia stata Forlì e poi da lì lui abbia compiuto itinerari a Treviso, Verona, in Emilia-Romagna. Puntate diplomatiche in Veneto con Forlì come “campo base”».
Nel libro ipotizzate un incontro a Bologna tra Dante e il filosofo Duns Scoto. Che cosa ve lo fa pensare?
M&S: «Dante nel 1304 gravitava su Bologna. Duns Scoto cita nei suoi scritti un documento legale dello stesso anno che per gli studiosi può aver letto solo a Bologna. Ed è stato messo in luce che il pensiero di questo intellettuale scomodo è ben presente nella Commedia».
Cosa insegna Dante?
M&S: «È uno degli alfieri più nobili della verità, che è indistruttibile. Una verità attualissima: chi leggerà questo terzo volume se ne accorgerà. Dante indica col suo dito la meta. Il sentiero lo può creare solo Shakespeare».
Lo porterete nelle scuole?
M&S: «Il liceo “Minghetti” di Bologna si sta organizzando per farlo. L’anima a cui ci siamo rivolti scrivendo è un’anima che indipendentemente dall’età è giovane, elastica, disposta a farsi sorprendere, a farsi interessare dalla scoperta di un nuovo che ha un cuore antico».
Litigate mai?
M&S: «All’inizio moltissimo, ma solo su cosa scrivere o no nei nostri libri. Poi, come nel matrimonio, abbiamo trovato i nostri spazi. L’ispirazione e il metodo di lavoro ci rimangono piuttosto misteriosi. Abbiamo iniziato insieme come giornalisti, poi ci siamo sposati, stiamo insieme da 29 anni, abbiamo due figli grandi. E alla domanda su com’è lavorare insieme abbiamo sempre risposto: “Come viviamo così scriviamo”».
Nel 1304 l’Alighieri gravitava su Bologna Duns Scoto cita nei suoi scritti un documento legale dello stesso anno che secondo gli studiosi può aver letto solo in questa città