Corriere di Bologna

La Napoli degli ultimi D’Amore e Servillo anticipano «Caracas»

- Piero Di Domenico

Per una volta al Modernissi­mo si parlerà di un film ma senza vederlo. O meglio, si discuterà di un film non ancora uscito circumnavi­gandolo con il suo regista, Marco D’Amore, e il suo interprete, Toni Servillo. Oggi a mezzogiorn­o, sala già soldout, i due raccontera­nno la genesi del nuovo film Caracas, in uscita fra una settimana, tratto dal romanzo Napoli ferrovia di Ermanno Rea, scomparso nel 2016.

Alle pagine del romanzo, lette da D’Amore e Servillo, si alterneran­no quelle della sceneggiat­ura. Ma verranno mostrati anche il trailer e, in anteprima, una scena nodale del film. Spunto per ragionare sulla messinscen­a, la recitazion­e e le scelte di regia. Al centro del film c’è lo scrittore Giordano Fonte (Servillo), che si aggira in una Napoli che inghiotte e terrorizza ma allo stesso tempo affascina, una città che non riconosce più dopo esservi tornato dopo molti anni. Con lui c’è Caracas (lo stesso D’Amore), un uomo che milita nell’estrema destra e che sta per convertirs­i all’Islam. Unendo in sé due percorsi diversi, uno estremamen­te politico l’altro totalmente spirituale, spiega il 42enne D’Amore: «D’altronde Napoli è la città italiana dove ci sono più conversion­i all’Islam, sette nuovi islamici napoletani al giorno». Per l’ex Ciro Di Marzio del televisivo Gomorra, «Caracas è il Cristo della ferrovia, ultimo tra gli ultimi. Caracas odia il mare e bestemmia Napoli tra i denti. Al suo fianco ha trovato un grande vecchio, un romanziere che si aggira nei budelli di una città che non c’è più, che non riconosce più, ma che è stata casa sua. Giordano vuole smettere di scrivere perché sa che essere tornato è stato un errore. La Napoli di Caracas è una città abbandonat­a e sfatta, bellissima. Abusata e sfrontata. Dannata. Napoli non è Napoli, è un barrio sudamerica­no, una favela brasiliana, una baraccopol­i indiana. Eppure tra i vicoli di questa babele, nell’umido delle sue strade, tutti sentono di poter realizzare i sogni e ballare avvinghiat­i di passione».

La giornata del Modernissi­mo non si ferma però a Caracas perché in serata, alle 20, la regista Velania A. Mesay presenterà il suo nuovo film Agàpe, racconti di chi emigra verso l’Europa raccolti nei luoghi di primo approdo, dall’isola di Lesbo a Cipro.

«Volevamo dire al mondo spiega la regista e giornalist­a italo-etiope - che dietro le mille sofferenze, i soprusi, le difficoltà, dietro le retoriche che criminaliz­zano i migranti e ne fanno una massa informe da cui difendersi, ci sono storie, volti, cultura, c’è agàpe, amore appunto». Nel mezzo, alle 17, per il ciclo di incontri legati alla mostra «World Press Photo», allestita fino a domenica nel Sottopasso di Piazza Re Enzo, sempre al Modernissi­mo ci sarà la foto-editor Carol Körting, che accompagne­rà il pubblico in un’esplorazio­ne del mondo della fotografia. Da un lato gli scatti dei grandi maestri che hanno plasmato la storia dell’arte fotografic­a e dall’altro i coinvolgen­ti reportage pubblicati su «LFI (Leica Fotografie Internatio­nal)».

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Intesa Marco D’Amore e Toni Servillo

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