Corriere di Bologna

«Santa Rita, una star La sua vita un’opera ancora da scrivere»

Moresco debutta al Teatro Moline con «Il buio»

- Paola Gabrielli

Le persone che vedranno in prima assoluta Il buio, debutto alla regia dello scrittore e drammaturg­o mantovano Antonio Moresco, sono invitate fin da ora a scegliere dall’armadio abiti scuri. Un dress code in linea con uno spettacolo definito dal neoregista «una cosa particolar­e e strana, nata in modo strano, per il nostro gruppo strano». La stranezza in questione, scritta con l’occhio visionario dello stesso Moresco, è attesa al Teatro Moline dal 5 al 17 marzo (da martedì a sabato ore 21, mercoledì alle 19, domenica alle 18.30) nella produzione di Emilia-Romagna Teatro.

Al centro troviamo la figura di Santa Rita da Cascia e ieri Moresco, circondato da parte del gruppo – l’attrice Alessandra Dell’Atti, Rita Deiola artefice del fondale di ombre che lui ribattezza «l’ombrista», Stefano Mazzanti per le luci e l’aiuto regista Cristina Accadi – ha introdotto il progetto. Santa Rita? «Una superstar. Non ce n’è una più famosa. Persino in Brasile le hanno dedicato una statua enorme». L’idea è nata alcuni anni fa. Si trovava in Umbria per lavoro ed è finito a Roccaporen­a, frazione dove la santa nacque nel 1381. «Rimasi colpito dalla costruzion­e collettiva sulle poche certezze biografich­e. Ci sono dubbi persino sul fatto che sia stata monaca. Si sposò, ebbe due figli e quando suo marito venne ucciso questi volevano vendicarlo, ma Rita supplicò Dio di farli morire piuttosto che vedere consumare la vendetta: una cosa molto shakespear­iana». Fatto sta che i figli morirono davvero di lì a poco. E qui Moresco la immagina nel nostro tempo che gli confida di

avere ucciso i propri figli. «Mi sono chiesto: se lei è un’opera aperta, perché non posso aggiungere la mia parte? Sono recidivo. Nel 2000 avevo scritto La santa, debuttò con Federica Fracassi: sono tornato sul luogo del delitto. A differenza dei santi, con le loro dottrine per arrivare a Dio, le sante che non producevan­o dottrine trovavano scorciatoi­e per arrivarci. Le sento vicine. Forse perché sono stato in seminario».

Anche Moresco è parte dello spettacolo con la sua voce. «Entro in modo particolar­e nel teatro. Vado all’osso cercando il grado zero. Come in Magnificat, scritto poco dopo la morte di mia madre e sono tornato nella sua pancia». Andando all’osso, i veri personaggi principali sono il buio e la luce. Dove il buio non è vuoto, ma un “pieno” di visioni dall’inconscio. Per Alessandra Dell’Atti è stato «uno scoprirsi. Non potevo ripararmi dietro gli artifici. Qui tutto si vede, è scabro, essenziale, mentre si va nelle direzioni estreme di abisso e luce. È stata un’esperienza totalizzan­te». E se le ombre, dice Rita Deiola, «sono un mondo complesso, Antonio ha chiesto di lavorare per sottrazion­e: scotch, carta, cartone, pila». Una sottrazion­e necessaria. «Sono dentro la tragedia della vita ma contro il nichilismo in un presente di farse e parodie che allontanan­do la tragedia si è inventato un mondo che non esiste come per proteggerc­i. Ma io voglio entrare non protetto dentro la vita».

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(Caprilli) Suggestion­e Una scena di «Il buio»

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