Lo smartwatch, i farmaci e l’amante Su Amato è battaglia tra consulenti
Al via il processo al medico accusato di aver ucciso la moglie e la suocera intossicandole
È arrivato il giorno del giudizio per Giampolo Amato, l’ex medico della Virtus e oculista al Maggiore, al momento sospeso, comparirà questa mattina davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Pierluigi Di Bari che dovrà processarlo per il presunto duplice omicidio aggravato della moglie e della suocera, peculato e detenzione di sostanze psicotrope.
Niente telecamere a riprendere il processo: il presidente, con una decisione di certo non invisa all’imputato, ha negato l’autorizzazione alla Rai, motivandola con «l’assenza di rilevanza sociale» dei fatti. A meno di ripensamenti, viste le rimostranze dell’Ordine dei giornalisti e dell’Aser. Anche la vicesindaca Emily Clancy ieri ha osservato: «Il nostro Comune pensa che ci sia altissima rilevanza sociale per quanto riguarda ogni femminicidio», specificando che Palazzo d’Accursio sta ragionando se costituirsi parte civile.
Insieme allo zio e alla sorella di Isabella Linsalata, Annamaria, che con i suoi sospetti sul cognato ha fatto partire le indagini, ci saranno tra le parti civili l’Ausl, per il peculato dei farmaci che per i pm sarebbero stati rubati in ospedale, e l’associazione di donne Udi con l’avvocata Rossella
Mariuz. Non ci saranno i figli del medico, Anna Chiara e Nicola: hanno deciso di tenere per sé il dolore per la morte della madre e della nonna e i sospetti sul padre. Ma nonostante un riavvicinamento tra il figlio minore e il padre, non potranno esimersi dal testimoniare sul rapporto tra i genitori, sulle difficoltà economiche del medico e sulla sua relazione extraconiugale che per la Procura fu il movente principale dei delitti, nonché su quel 31 ottobre 2021 quando Amato chiese insistentemente al figlio dove avrebbe passato la notte e a che ora sarebbe tornato.
La procuratrice aggiunta Morena Plazzi e il sostituto Domenico Ambrosino dovranno convincere la Corte oltre ogni ragionevole dubbio che l’intossicazione da psicofarmaci e anestetico che uccise Isabella, le cui tracce sono state trovate anche nel corpo della madre, siano stati somministrati dall’imputato. Manca la prova regina, ma gli inquirenti hanno messo in fila una serie corposa di indizi.
Amato intanto, difeso dagli avvocati Cesarina Mitaritonna e Gianluigi Lebro, grida la sua innocenza da un anno, quando è stato arrestato per esigenze cautelari, che i suoi difensori tenteranno ancora una volta di far tramutare in detenzione domiciliare. La difesa ha schierato un pool di consulenti medico-legali, che tenterà di dimostrare che l’intossicazione che ammazzò Isabella è stata causata dall’abuso di un ansiolitico che la donna assumeva su prescrizione medica, facendo leva anche sulla scarsità di casi in letteratura scientifica di decessi dovuti al sevoflurano (il potente anestetico ad uso ospedaliero che il marito le avrebbe fatto inalare). Per questo saranno chiamati a testimoniare anche il medico e il farmacista della donna.
Per l’accusa ci sarà invece, insieme a una quarantina di testi, anche la donna, di trent’anni più giovane, con cui Amato aveva una relazione dal 2019. Sarà la prima volta che i due si rivedranno. Ma ci saranno soprattutto i tecnici informatici che, analizzando i dati dello smartwatch dell’imputato, hanno rilevato che nella notte in cui morì la suocera, nonostante abbia dichiarato di essere rimasto nel suo studio al piano terra di via Bianconi, avrebbe invece percorso per sette volte le scale in salita vero l’appartamento dell’anziana. Ma il consulente informatico nominato dalla difesa userà la tecnologia per smontare anche questa prova.
Il no del giudice alle telecamere
Il Comune può costituirsi parte civile La vicesindaca Clancy: «Pensiamo che ci sia altissima rilevanza sociale su questo e ogni femminicidio»