Centro Enea, scade l’affitto, lavoratori a rischio
La nuova sede al Tecnopolo sarà pronta a fine 2025. «Cosa succederà fino ad allora?»
A rischio ci sono i laboratori dell’Enea che si occupano, tra le altre cose, di analisi della qualità dell’aria e dell’acqua, di sismica e di efficienza energetica, oltre che di ricerca sul nucleare. Ma a rischio c’è l’intera sede bolognese dell’Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, che attualmente si trova in via Martiri di Monte Sole e per il quale il contratto di locazione scadrà il prossimo 30 giugno.
Nessuna proroga in vista, il trasferimento nel nuovo centro di ricerca negli spazi del Tecnopolo con tempi più lunghi del previsto, la comunicazione già arrivata ad alcuni dipendenti di liberazione degli spazi in tempo utile per la riconsegna delle chiavi: a dare la notizia, con estrema preoccupazione per il futuro del personale e delle importanti attività dell’Enea, sono alcuni lavoratori della sede di Bologna, all’interno della quale sono impiegate circa 180 persone, più i ricercatori e i dottorandi universitari.
«Il trasferimento nella nuova sede, di proprietà, in fase di realizzazione all’interno del Tecnopolo è stata una grande e stimolante notizia — hanno sottolineato alcuni di loro —, ma i tempi si stanno allungando. Inizialmente ci sarebbe dovuta essere consegnata entro il 2024, adesso, nella migliore delle ipotesi, si parla di fine 2025. Poi vanno considerati i tempi di trasferimento e trasloco, quindi si arriva al 2026. In tutto questo, però, non è stato prorogato il contratto di locazione che scadrà appunto il 30 giugno». Giorno in cui le chiavi dovranno essere riconsegnate, con tutti i locali vuoti. Ciò significa iniziare a breve a liberare tutto, a meno che non arrivi una alternativa: «Potrebbe trovarsi qualche opzione per gli uffici — hanno aggiunto i dipendenti —, ma non per i laboratori».
Chiudere i laboratori, con l’incognita anche dello stoccaggio degli strumenti, «vorrebbe dire bloccare anche i progetti di ricerca, molti dei quali finanziati con fondi nazionali ed europei — hanno proseguito i lavoratori —. Non portare avanti i progetti metterebbe a rischio i fondi stessi ma creerebbe anche un notevole danno d’immagine, nonché un ritardo anche nel futuro». In questi lunghi mesi di sospensione, «cosa succederà a ricercatori, scienziati, collaboratori? Saranno messi a casa con quale formula contrattuale? Con quale garanzia di attività di ricerca? Con quale gestione dei fondi economici? Con quale gestione del prezioso materiale strumentale dei laboratori? Domande che sono state poste già da tempo, ma che al momento non hanno avuto risposte».
La scadenza
Il contratto d’affitto termina il 30 giugno, i 180 dipendenti sono preoccupati