«Cinema e diritto» Se il film piace di più seguendo il processo
Anche la Notte degli Oscar che ci siamo appena lasciati alle spalle, finita secondo tutte le previsioni e con il trionfo di Oppenheimer di Nolan, ha premiato un film, come miglior sceneggiatura originale, che aveva al suo centro una struttura processuale. E sarà proprio Anatomia di una caduta della francese Justine Triet, già Palma d’oro al Festival di Cannes, ad aprire un ciclo di tre proiezioni, «Cinema e diritto», oggi dalle 15.30 al Modernissimo. Un progetto finanziato con i fondi per la Terza Missione dall’Università di Bologna e nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Scienze giuridiche - DSG e il Dipartimento delle Arti - DAR con la Cineteca di Bologna.
Prima della proiezione, alle 17, è previsto un dialogo alle 15.30, «Dubbio e giustizia», con Luca Luparia (Università di Milano) e Roy Menarini (Unibo), moderati da Emanuela Fronza. Il film non offre una risposta, né alla questione posta dal processo, quella sull’innocenza o meno della protagonista, né a tutti gli altri problemi sollevati. Tutti i racconti e gli indizi mostrati possono essere letti sia nell’ottica di un suicidio che di un omicidio, ma non si arriva mai a una rivelazione capace di sciogliere i tanti dilemmi. E se è vero che il legal drama è un genere decisamente consolidato, soprattutto nella tradizione del cinema americano ma non solo, negli ultimi anni abbiamo assistito a un insistente ritorno a formule narrative che si dipanano all’interno di una dinamica processuale. Come se il racconto fosse anche più semplice da seguire quando si incanala nelle griglie di un dibattimento, con il cinema che consente di capire meglio il
meccanismo del diritto e l’approssimazione della giustizia.
Per questo la rassegna riserverà una particolare attenzione alla rappresentazione dei processi nel cinema, così come alle differenze tra narrativa artistica e giudiziaria, all’utilizzo delle immagini come prova e al dibattito sul rapporto tra giudice e storico. Martedì 19 marzo alle 19.30 toccherà a Il signore delle formiche di Gianni Amelio preceduto da «La rappresentazione della giustizia nel cinema italiano», un confronto tra i docenti dell’Alma Mater Gaetano Insolera, Andrea Lollini, Guglielmo Pescatore e Diletta Tega. La rassegna si concluderà martedì 26 marzo alle 17 con Saint Omer di Alice Diop, un altro film costruito su un impianto processuale. Prima, alle 15.30, il dialogo «Il processo come messa in scena» con Stefano Canestrari, Anna Masecchia e il magistrato Judith Vailhé.
Il progetto non si fermerà però al tris di date, perché prevede anche che l’Archivio permanente presso il Dipartimento di Scienze giuridiche diventi un punto di raccolta e analisi di produzioni audiovisive. Dove verranno radunati film e documentari da tutto il mondo, spesso non conosciuti o difficilmente reperibili, consentendo così di avviare collaborazioni internazionali per diventare un punto di riferimento anche per attività di formazione presso scuole, istituzioni universitarie e giudiziarie.
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Gabriele Marchioni I fiori rappresentano i progetti seminati: sono il simbolo di un rito di passaggio e di ritorno a casa