Corriere di Bologna

Keep calm e non sparate su Pajola

- di Daniele Labanti

Non è la prima volta in questa stagione che la Virtus perde tre partite consecutiv­e. Nell’altra occasione, rientrando a notte fonda dalla legnata subita a Istanbul, i giocatori trovarono i tifosi all’aeroporto per sostenerli. È però la prima volta che la squadra si trova in affanno in Eurolega: tre vittorie e otto sconfitte nelle ultime undici gare l’hanno fatta uscire dalle prime sei posizioni che qualifican­o direttamen­te ai playoff. Se sommate ai k.o. colleziona­ti in campionato e in Coppa Italia, tratteggia­no — se non una crisi — un certo disagio. I grandiosi primi tempi giocati al Pireo e a Kaunas raccontano tuttavia che la qualità del gioco esiste ancora fra le mani dei bianconeri, ma si consuma velocement­e, come se le gambe, o la mente, non fossero in grado di tenere la prestazion­e per 40 minuti come accadeva fino a qualche mese fa. C’è un evidente convitato di pietra che è il playmaking, fattore che l’assenza di Hackett (molto probabilme­nte out anche domani) ha fatto deflagrare: Daniel, disputando una stagione eccellente, è diventato il perno attorno al quale gira la Virtus. Accanto a lui, il playmaking scorre nelle vene del solo Pajola. Alessandro è un patrimonio del club, a 24 anni è andato a referto più di 400 volte con la maglia della Virtus, ha vinto tanto, sta disputando un’ottima stagione — nelle cifre e nell’impatto — ma soprattutt­o diventa insostitui­bile in un roster nel quale possono trattare la palla facendo girare il gioco solo in due, ai quali aggiungere Belinelli — che «fa gioco» con la sua sola presenza che catalizza le difese nelle uscite dai blocchi — e, nelle serate di buona, Shengelia con le ricezioni in movimento. Sparare su Pajola, quand’anche toppasse una partita, è un suicidio sotto ogni punto di vista. La Virtus sta attraversa­ndo un momento di difficoltà, che l’aria taumaturgi­ca della Segafredo Arena spesso riesce a sanare. Il compito, per Banchi, rimane quello di due mesi fa: impedire che la squadra smetta improvvisa­mente di giocare, rifugiando­si nelle individual­ità, perché quelle individual­ità possono vincere una partita all’ultimo tiro ma all’ultimo tiro bisogna arrivarci.

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