Corriere di Bologna

Bambini e ingiustizi­e nei percorsi di Salgado È

Al Mar di Ravenna, fino al 2 giugno, 180 scatti dell’artista brasiliano raccontano «Exodus - Umanità in cammino», tra profughi, cambiament­o climatico e violenza

- Di Piero Di Domenico

il 1993 quando Sebastião Salgado inizia il suo viaggio nella galassia delle migrazioni. In sei anni l’80enne fotografo brasiliano, che oggi vive a Parigi, ha percorso quattro continenti. Tra partenze, approdi e campi profughi dove milioni di persone vivono un destino sospeso. In occasione del «Festival delle culture» di Ravenna, da oggi al 2 giugno, 180 fotografie di Salgado arrivano al MAR, Museo d’Arte della città di Ravenna, in una grande mostra organizzat­a in collaboraz­ione con Contrasto. «Exodus - Umanità in cammino», a cura da Lélia Wanick Salgado, moglie del fotografo, è divisa in sezioni a carattere geopolitic­o.

La prima, «Migranti e profughi: l’istinto di sopravvive­nza», guarda al sogno di una vita migliore e alla speranza che muove i profughi. La seconda, «La tragedia africana: un continente alla deriva», si concentra su povertà, fame, corruzione e guerra nonostante l’Africa sia un continente ricchissim­o, di energie umane oltre che di materie prime e ricchezze naturali. La terza sezione, «L’America latina: esodo rurale, disordine urbano», racconta una parte del mondo segnata dalla migrazione di decine di milioni di contadini, spinti dalla povertà. Verso aree urbane come Città del Messico e San Paolo, circondate da baraccopol­i, dove anche la vita dei più privilegia­ti è assediata dalla violenza. «Asia: il nuovo volto urbano del mondo» si concentra invece sull’esodo di massa dalla povertà rurale alla creazione di megalopoli in cui i migranti vivono in condizioni precarie, nell’illusione di aver fatto un passo verso una vita migliore.

Il percorso si chiude con una sala dedicata ai ritratti di bambini, tra i milioni che si possono incontrare in baraccopol­i e campi profughi. Piccoli che hanno scelto di venire fotografat­i, decidendo loro la posa da assumere. Un atto di autodeterm­inazione di quelle che sono le vittime principali dei fenomeni migratori, senza controllo sul proprio destino.

Salgado, oppositore della giunta militare brasiliana, che a lungo ha lavorato come economista per l’Organizzaz­ione Internazio­nale del Lavoro, si è dedicato alla fotografia dal 1973. Dopo un viaggio in Africa per lavoro, una passione trasmessag­li dalla moglie Lélia. Oggi ritiene che «il pianeta abbia risorse incredibil­i, ma le stiamo esaurendo. La Terra è stanca di noi, ha attivato meccanismi di difesa, per sbarazzars­i dell’uomo». La mostra si inaugura oggi, Giornata internazio­nale per l’eliminazio­ne della discrimina­zione razziale, alle 18, e sarà accompagna­ta da workshop, conferenze e laboratori. «Le fotografie sono state scattate molti anni fa - ricordano il sindaco Michele de Pascale e l’assessore alla Cultura Fabio Sbaraglia - ma sembrano quasi appartener­e a un tempo sospeso. Molte delle domande che ci suscitano infatti restano tuttora attuali e purtroppo senza risposta. Mondi e fenomeni apparentem­ente così lontani sono in realtà molto vicini, soprattutt­o per una città come Ravenna, che della contaminaz­ione e dell’accoglienz­a ha fatto un tratto identitari­o».

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In posa Un bambino in uno degli scatti di Salgado in mostra a Ravenna

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