Una ricerca curiosa e rigorosa
Dopo l’intervento di Remuzzi su «la Lettura» contro la produzione di studi scientifici ogni cinque giorni Milano: «Pubblicarne una a settimana è molto sfidante, ma estremamente difficile. Nel mio team sull’AI passione e impegno»
L’intelligenza artificiale sta avendo un impatto crescente sulla nostra vita quotidiana e rivoluzionando anche la ricerca. L’Alma Mater Research Institute for Human-Centered Artificial Intelligence (Alma AI) è la risposta, in chiave interdisciplinare, dell’Università di Bologna per affrontare le grandi sfide legate all’IA. Il centro, oltre 400 ricercatori e professori di 27 dipartimenti, è diretto da Michela Milano. Proseguendo la nostra ricognizione sui temi della ricerca, anche a lei abbiamo chiesto alcune riflessioni a partire da quanto scritto, sulle pagine de «la Lettura» del «Corriere della Sera», da Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerca Mario Negri di Milano.
Professoressa Milano, cosa ne pensa del dato sulla pubblicazione di un lavoro di ricerca ogni 5 giorni?
«Ho letto il lavoro su “Nature” a firma di Gemma Conroy con questi dati. Ovviamente, almeno nel mio settore, pubblicare un lavoro a settimana risulta molto sfidante. Conosco veramente poche persone che hanno costruito un gruppo molto ampio di validissimi ricercatori e ricercatrici che lavorano su temi consolidati e pubblicano moltissimo. Nei casi che conosco, il leader del gruppo segue e indirizza il lavoro in modo illuminato e visionario. Non conosco altri ambiti, quali la fisica e la medicina, ma mi sento di dire che, a parte casi eccezionali che ho citato, i ricercatori e le ricercatrici “normali” del mio settore non riescono ad avere produzioni simili».
La sua esperienza di ricerca cosa racconta invece?
«Lavoro da tanti anni con un piccolo gruppo di dottorandi e ricercatori e ricercatrici e riusciamo a pubblicare circa una decina di lavori all’anno. Penso che ricercatori e ricercatrici super-produttivi siano o straordinari scienziati oppure abilissimi manager di gruppi di ricerca».
Remuzzi sul «Corriere della Sera» auspica una riforma del sistema attuale di valutazione quantitativa della ricerca (più pubblichi più vali). Cosa ne pensa?
«La valutazione quantitativa della ricerca ha aiutato da un lato a sostenere la meritocrazia. Anni fa a un concorso poteva passare una persona con pochi titoli susone perando per “anzianità” un giovane più produttivo e promettente. Con la valutazione quantitativa questa stortura è stata sanata. Tuttavia, credo che la situazione ci sia un po’ sfuggita di mano. Ci sono modi per equiparare le cose, per esempio, valutare pochi lavori selezionando i più importanti».
Com’è portare avanti un’attività di ricerca nell’Alma Mater?
«L’Università di Bologna è dotata di strutture a supporto della ricerca, come l’ufficio ARIC, con competenze e professionalità altissime, che aiutano i docenti ad affrontare la progettazione europea e, in generale, la progettazione competitiva. Ci sono perche lavorano, in prossimità delle scadenze, in orari serali o nei fine settimana, anche se non richiesto. Ci mettono passione e impegno, hanno a cuore il successo del nostro ateneo, e questo fa tutta la differenza del mondo».
Ci può raccontare a cosa sta lavorando?
«Io mi occupo di sistemi di supporto alle decisioni, sistemi di intelligenza artificiale che aiutano i decisori umani nel comprendere possibili scenari, i loro impatti, i costi e benefici. Quando questi sistemi decidono su questioni che coinvolgono esseri umani è importante che queste decisioni siano eque e non introducano discriminazioni. Stiamo lavorando su metriche per l’equità, e su sistemi di sperimentazione che siano in grado di valutare il livello di fairness (equità, ndr) degli algoritmi. Ho lavorato anche su come l’AI possa aiutare ad affrontare problemi legati allo sviluppo sostenibile».
Che consiglio si sentirebbe di dare a giovani ricercatori e ricercatrici?
«La ricerca è il lavoro più bello del mondo, ma richiede passione, curiosità e perseveranza. Il mio consiglio è questo: lavorate con rigore, con curiosità e senso critico, ma soprattutto senza barriere. Collaborate con ricercatori e ricercatrici di diversi ambiti perché si impara moltissimo. Andate in profondità senza dimenticare l’ampiezza e la visione larga, la connessione con altre aree e la contaminazione con discipline diverse. E infine fatevi sempre domande scomode, ma soprattutto divertitevi».
Norme
La valutazione quantitativa della ricerca ha aiutato da un lato a sostenere la meritocrazia. Tuttavia, credo che la situazione ci sia un po’ sfuggita di mano