Commercio, in 10 anni perse 7.500 imprese
Lieve ripresa per il settore in Emilia-Romagna, ma l’andamento delle vendite è al di sotto del tasso d’inflazione
Il 2023 è stato l’anno di una piccolissima ripresa per il settore del commercio al dettaglio dell’Emilia-Romagna. Nonostante la velocità dei cambiamenti nei comportamenti dei consumatori e a dispetto di un ulteriore assottigliamento dei redditi reali dovuto soprattutto ad una fiammata inflazionistica senza precedenti, le vendite sono moderatamente aumentate. La percentuale media è del +1,4%; percentuale trainata dal risultato positivo di iper, super e grandi magazzini che hanno incrementato le vendite del +6,6%.
È ancora in negativo, però, il registro delle imprese: secondo l’indagine sulla congiuntura di Uniocamere regionale e delle Camere di commercio, nel 2023 in Emilia-Romagna hanno aperto 1.618 imprese di commercio al dettaglio a fronte di 2.974 cessazioni, per un saldo di -537 unità.
Negli ultimi otto anni solo il 2021 aveva chiuso con un saldo positivo. Allargando lo sguardo, negli ultimi dieci anni la base imprenditoriale del commercio al dettaglio regionale è diminuita di ben 7.540 imprese (-15,8%) portandosi a quota 40.212. La riduzione a cui si è assistito testimonia della lunga serie di difficoltà dovuta a cambiamenti strutturali interni, allo sviluppo del commercio elettronico e ai cambiamenti di comportamento dei consumatori.
In parallelo, le variazioni nella normativa hanno contribuito ad un aumento vertiginoso delle società di capitale (+42,1%, +1.601 imprese). Tre imprese del commercio al dettaglio su quattro sono ditte individuali, ma in dieci anni sono diminuite del 18,8%. Sono sempre meno anche le società di persone, calate di più di un quarto rispetto al 2013 (-2.879 imprese); consorzi e cooperative hanno sostanzialmente mantenuto invariata la base imprenditoriale allo 0,4%.
Per i punti vendita restati aperti, il miglioramento ha comunque abbracciato tutti i comparti del commercio al dettaglio anche se l’inflazione è aumentata molto di più (mediamente del 5%) del volume d’affari (+1,4%): è andata così soprattutto per i punti vendita specializzati in alimentari con il volume d’affari aumentato mediamente del +1,6%, a fronte di un incremento dei prezzi del 9,4%.
Nel commercio non alimentare le vendite sono marginalmente diminuite del -0,3% rispetto ad un incremento del 4,2% dei prezzi al consumo dei soli beni non alimentari e non energetici.
L’andamento è stato analogo per le vendite al dettaglio di abbigliamento e accessori, che hanno subito una flessione del -0,9% rispetto ad un aumento dei prezzi al consumo per abbigliamento e calzature del 3,3%. Le vendite dei prodotti per la casa e elettrodomestici sono diminuite del -0,7% rispetto all’aumento del 5,9% dei prezzi al consumo per i mobili, articoli e servizi per la casa, che comprendono anche gli apparecchi domestici.
Quanto alle imprese, le strutture della piccola distribuzione hanno diminuito il volume d’affari dell’1%. Quelle di media dimensione lo hanno aumentato del +1,2%, ma si tratta di un ritmo della crescita dimezzato rispetto al 2022. Quelle di maggiore dimensione hanno incrementato le vendite del +3,9%, valore lievemente maggiore rispetto a quello del 2022, ma comunque inferiore rispetto all’aumento medio dei prezzi al consumo (+5%).
Abbigliamento giù Flessione dello 0,9% delle vendite al dettaglio di accessori e abbigliamento