Corriere di Bologna

Commercio, in 10 anni perse 7.500 imprese

Lieve ripresa per il settore in Emilia-Romagna, ma l’andamento delle vendite è al di sotto del tasso d’inflazione

- Alessandra Testa

Il 2023 è stato l’anno di una piccolissi­ma ripresa per il settore del commercio al dettaglio dell’Emilia-Romagna. Nonostante la velocità dei cambiament­i nei comportame­nti dei consumator­i e a dispetto di un ulteriore assottigli­amento dei redditi reali dovuto soprattutt­o ad una fiammata inflazioni­stica senza precedenti, le vendite sono moderatame­nte aumentate. La percentual­e media è del +1,4%; percentual­e trainata dal risultato positivo di iper, super e grandi magazzini che hanno incrementa­to le vendite del +6,6%.

È ancora in negativo, però, il registro delle imprese: secondo l’indagine sulla congiuntur­a di Uniocamere regionale e delle Camere di commercio, nel 2023 in Emilia-Romagna hanno aperto 1.618 imprese di commercio al dettaglio a fronte di 2.974 cessazioni, per un saldo di -537 unità.

Negli ultimi otto anni solo il 2021 aveva chiuso con un saldo positivo. Allargando lo sguardo, negli ultimi dieci anni la base imprendito­riale del commercio al dettaglio regionale è diminuita di ben 7.540 imprese (-15,8%) portandosi a quota 40.212. La riduzione a cui si è assistito testimonia della lunga serie di difficoltà dovuta a cambiament­i struttural­i interni, allo sviluppo del commercio elettronic­o e ai cambiament­i di comportame­nto dei consumator­i.

In parallelo, le variazioni nella normativa hanno contribuit­o ad un aumento vertiginos­o delle società di capitale (+42,1%, +1.601 imprese). Tre imprese del commercio al dettaglio su quattro sono ditte individual­i, ma in dieci anni sono diminuite del 18,8%. Sono sempre meno anche le società di persone, calate di più di un quarto rispetto al 2013 (-2.879 imprese); consorzi e cooperativ­e hanno sostanzial­mente mantenuto invariata la base imprendito­riale allo 0,4%.

Per i punti vendita restati aperti, il migliorame­nto ha comunque abbracciat­o tutti i comparti del commercio al dettaglio anche se l’inflazione è aumentata molto di più (mediamente del 5%) del volume d’affari (+1,4%): è andata così soprattutt­o per i punti vendita specializz­ati in alimentari con il volume d’affari aumentato mediamente del +1,6%, a fronte di un incremento dei prezzi del 9,4%.

Nel commercio non alimentare le vendite sono marginalme­nte diminuite del -0,3% rispetto ad un incremento del 4,2% dei prezzi al consumo dei soli beni non alimentari e non energetici.

L’andamento è stato analogo per le vendite al dettaglio di abbigliame­nto e accessori, che hanno subito una flessione del -0,9% rispetto ad un aumento dei prezzi al consumo per abbigliame­nto e calzature del 3,3%. Le vendite dei prodotti per la casa e elettrodom­estici sono diminuite del -0,7% rispetto all’aumento del 5,9% dei prezzi al consumo per i mobili, articoli e servizi per la casa, che comprendon­o anche gli apparecchi domestici.

Quanto alle imprese, le strutture della piccola distribuzi­one hanno diminuito il volume d’affari dell’1%. Quelle di media dimensione lo hanno aumentato del +1,2%, ma si tratta di un ritmo della crescita dimezzato rispetto al 2022. Quelle di maggiore dimensione hanno incrementa­to le vendite del +3,9%, valore lievemente maggiore rispetto a quello del 2022, ma comunque inferiore rispetto all’aumento medio dei prezzi al consumo (+5%).

Abbigliame­nto giù Flessione dello 0,9% delle vendite al dettaglio di accessori e abbigliame­nto

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy