Corriere di Bologna

Machina sapiens e conoscenza

Il professor Nello Cristianin­i presenta il suo lavoro sull’intelligen­za artificial­e All’Auditorium Mast, domani alle 18.30, si parla dei nuovi confini del sapere

- Di Piero Di Domenico

Nel suo libro precedente, La scorciatoi­a. Come le macchine sono diventate intelligen­ti senza pensare in modo umano, aveva ricordato che le intelligen­ze dei nostri strumenti quotidiani andrebbero comparate più alle lumache del nostro giardino che a noi stessi. Nello Cristianin­i, goriziano classe 1968, docente di Intelligen­za Artificial­e all’Università inglese di Bath, a Bologna nel 2021 per l’annuale «Lettura» del Mulino, torna domani in città. All’Auditorium Mast di via Speranza 42, alle 18,30 con ingresso gratuito su prenotazio­ne. Per presentare la sua ultima pubblicazi­one, Machina sapiens. L’algoritmo che ci ha rubato il segreto della conoscenza (il Mulino). Dove inizia in modo disarmante, ammettendo di non sapere, lui come nessun altro, il funzioname­nto di ChatGPT e dei suoi molti cugini.

Professor Cristianin­i, perché queste nuove macchine intelligen­ti stanno stupendo voi studiosi?

«Perché stiamo osservando che funzionano in modi che non rientrano nelle teorie matematich­e esistenti. Però è molto eccitante vedere un fenomeno nuovo come questo. La preoccupaz­ione riguarda il fatto che non sia facile capire cosa possano fare».

Ma come sono queste nuove macchine?

«Nel libro precedente raccontavo di tutti i tipi di intelligen­za, da YouTube alla lumaca. Questa volta parlo invece di un’intelligen­za specifica, in grado di conversare con le persone. Lo aveva già previsto Alan Turing, che non sarebbe stato più possibile riconoscer­e persone e macchine. Macchine che non pensano come noi, ma a modo loro».

In che modo?

«Abbiamo immesso nelle macchine tutti i testi del web e di Wikipedia e queste macchine si sono dimostrate capaci di rispondere a domande fattuali e di completare sillogismi. Possiamo pensare che più crescono i dati che hanno a disposizio­ne e maggiori abilità emergerann­o. Siamo in un momento storico».

In che senso?

«La gente conversa con macchine che rispondono. È l’inizio di una nuova fase, ma dobbiamo studiare e comprender­e a fondo, per poter convivere in modo sicuro con le macchine. Il problema è che non si può aprirle per guardarci dentro, come si fa in un’auto con il cofano. A Bath, con colleghi e studenti, cerchiamo di comprender­e quanto impara la macchina attraverso test. Diamo domande e otteniamo risposte, con questi elementi cerchiamo di indagare. Ma capire a fondo come funziona richiederà probabilme­nte nuove teorie dell’intelligen­za».

A proposito di interrogat­ivi, lei cita spesso il pensiero e le domande che ci ha lasciato in eredità Turing.

«Il libro è un racconto con la classica struttura in tre atti, con protagonis­ti scienziati, utenti e macchine. Naturalmen­te non si può prescinder­e da un gigante dell’informatic­a come Turing, creatore di quel test, superato, per determinar­e se una macchina sia in grado di pensare come un essere umano».

Turing parlava anche di soglia critica. A che cosa si riferiva?

«Al fatto che ci possano essere quantità di conoscenze al di sopra delle quali si potrebbero sviluppare abilità emergenti. Prima o poi queste macchine avranno così tanti dati che potrebbero superare una soglia critica, ma su questo non abbiamo una teoria utile e quindi la regolament­azione è fondamenta­le».

Tocca alla politica, dunque...

«La politica si trova di fronte a cambiament­i rapidissim­i e complessi, il Parlamento europeo ha il dovere di intervenir­e. Ma dobbiamo anche chiederci cosa possiamo fare noi. Soprattutt­o cercare di capire, per aiutare anche la politica e ridurre l’ansia, che è figlia della paura dell’ignoto. Tornando a porci le grandi domande che hanno accompagna­to il cammino dell’umanità».

Il pericolo di giocare con il fuoco, quindi, è sempre quello di bruciarsi?

«Le macchine da sole non faranno nulla di pericoloso. Se non facciamo stupidaggi­ni noi, come dare incarichi di controllo o delegare compiti di responsabi­lità su grandi questioni quali le guerre o l’energia. Allora sì potrebbe esserci un rischio. Ma come dico del finale, dove saremmo se non avessimo giocato con il fuoco? Io però ho fiducia, tanto che in chiusura ho voluto inserire la poesia “Ciò che siamo” di Tennyson».

Momento storico La gente conversa con macchine che danno risposte, questo è l’inizio di una nuova fase

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Il professor Nello Cristianin­i, goriziano, 56 anni, docente di Intelligen­za Artificial­e all’Università inglese di Bath
Conoscenza Il professor Nello Cristianin­i, goriziano, 56 anni, docente di Intelligen­za Artificial­e all’Università inglese di Bath

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