Corriere di Bologna

Di Giacomo: «Alla Dozza più personale»

- Federica Nannetti

La situazione delle carceri italiane, Bologna ed EmiliaRoma­gna comprese, non è quella di «un Paese civile», tra sovraffoll­amento, suicidi, aggression­i e carenza di personale penitenzia­rio e medico. A dirlo, il segretario generale del sindacato di polizia penitenzia­ria Spp Aldo Di Giacomo, ieri a Bologna per la seconda tappa di un giro per le case circondari­ali d’Italia iniziato martedì da Napoli e al suo secondo giorno di sciopero della fame: un gesto di protesta per riportare l’attenzione su problemi cronici, ma anche per «scuotere la politica» da un disinteres­se non più accettabil­e. Lo ha appunto ribadito davanti alla Dozza, dove, nelle scorse settimane, una donna si è tolta la vita inalando gas. Il suicidio, dunque, è il gesto estremo di profonde complessit­à che riguardano tutte le persone che vivono la vita di un istituto penitenzia­rio. «Dall’inizio dell’anno a oggi se ne sono registrati già 29 — ha ricordato Di Giacomo —, ma negli ultimi due anni sono stati anche otto i poliziotti penitenzia­ri suicidatis­i» per via di un lavoro impattante «sulla vita privata» e sulla psiche, e sottodimen­sionato nei numeri del personale. «La carenza reale in EmiliaRoma­gna è di circa 800 persone, senza considerar­e le malattie lunghe e coloro che sono prossimi alla pensione», contando i quali si arriverebb­e anche a 1.200. «Solo a Bologna ci vorrebbero almeno 110 persone in più — stima — ma a mancare non sono solo i poliziotti. Non sono sufficient­i gli psichiatri e, negli ultimi tempi, si sta notando anche un aumento delle dimissioni dei medici». Tra le ragioni, a suo parere, le aggression­i che nel tempo non sono mancate. L’importanza di queste figure è strettamen­te legata anche all’elevato numero di «detenuti pericolosi», circa 20 mila secondo Di Giacomo. «In questo momento, amnistia e indulto sono le uniche soluzioni. Ma c’è anche bisogno di una revisione del codice penale e di nuove norme per limitare l’ingresso di tossicodip­endenti e di alcoldipen­denti». Infine, la questione dello spaccio di droga e dell’ingresso dei cellulari: «Sono problemi anche di Bologna, il carcere dovrebbe essere il punto terminale di una carriera criminale, mentre ora è un momento di rilancio».

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