Russo Alesi e Ifigenia «Euripide ci interpella su guerra e disumanità»
Lo abbiamo visto trasformarsi in Francesco Cossiga in Esterno notte ein Momolo Mortara in Rapito, ultimi film di Marco Bellocchio e nei prossimi giorni sarà nuovamente a teatro con L’arte della commedia di Eduardo De Filippo. Ma Fausto Russo Alesi, attore e regista 50enne sarà anche, tra qualche settimana, docente e regista del nuovo corso di alta formazione teatrale «Bottega XNL - Fare Teatro», la realtà ideata e diretta da Paola Pedrazzini, per il quale c’è ancora tempo per presentare la propria candidatura per venti posti tra attori e attrici dai 18 ai 39 che parteciperanno al laboratorio tra Piacenza e Veleia (bando su www.veleiateatro.com). Testo guida sarà l’Ifigenia in Aulide di Euripide nella traduzione di Letizia Russo e una squadra di collaboratori d’alto livello parteciperà alla messa in scena della tragedia che sarà rappresentata in prima nazionale al Festival di Teatro Antico di Veleia 2024 il 21, 22 e 23 giugno.
Fausto Russo Alesi, perché l’«Ifigenia in Aulide»?
«La mia priorità era scegliere un materiale ricco di possibilità per chi parteciperà al laboratorio. Inizialmente, lo confesso, ho pensato che forse avrei voluto lavorare sulla commedia antica, perché è un momento talmente tragico quello che stiamo vivendo che è difficile confrontarsi con le tematiche che molte tragedie, compresa questa, portano in scena. Ma poi, riflettendo su quale poteva essere il mito possibile, ho pensato che il teatro ha la particolarità di essere un lugo in cui il conflitto va abitato, un luogo in cui possiamo ascoltare, conoscere le pulsioni dell’uomo profondamente, perché è un rito collettivo e ci dà la possibilità di confrontarci tra noi, di conoscerci profondamente. Ecco, il teatro è la possibilità di costruire. Poi, dovendo scegliere un testo per un laboratorio, mi sembrava che Ifigenia potesse offrire grandi possibilità interpretative, fosse un testo ricco di personaggi complessi e umani. È una tragedia che è forte sia nelle individualità che nelle coralità, ma è poco rappresentata: è come se fosse un prologo alla tragedia, a tutto quello che deve ancora arrivare. Come se potesse raccontare il momento in cui hai ancora la facoltà e la responsabilità di scegliere per cambiare le sorti della storia».
In «Ifigenia» c’è il tema del sacrificio e risuona la guerra.
«Il mito di Ifigenia risuona profondamente nel nostro presente, è un mito molto violento e atroce. Credo che il parlare dell’insensatezza della guerra attraverso questo mito sia qualcosa che può interrogarci sul perché della guerra, sul perché del sacrificio delle tante vittime. Credo che sia qualcosa di estremamente importante in un’epoca di rimozione collettiva così forte. Euripide protesta e ci interpella profondamente contro la degenerazione dell’essere umano».
Pensa che il teatro sia un laboratorio del futuro?
«Me lo auguro. Spero davvero che la scena possa essere il luogo in cui innanzitutto ci si ascolta. In cui il differente, il diverso da te trovano spazio. Nonostante il pessimismo di questo testo, sono fiducioso che l’arte possa essere il luogo in cui l’uomo trova il modo di evolvere».