LA DIFESA DELLA SANITÀ
Alla prima assemblea dell’Associazione Giovanni Bissoni, tenutasi nell’aula magna della Regione Emilia-Romagna (RER), affollatissima di amministratori, dirigenti, operatori sanitari e sociali, amici ed estimatori, le finalità sono state dichiarate con forza dai relatori. Hanno ribadito che se si vuole salvare la sanità pubblica bisogna guardare in avanti con lo stesso coraggio. Perché vanno corretti gli errori finora commessi da una sinistra poco solerte nel valorizzare l’eccezionale lascito dell’assessore regionale alla Sanità e poi alla salute Giovanni Bissoni, nel governo locale dal 1995 al 2020. Un’era non solo di buon governo ma di amministratori di rara competenza e di unica capacità realizzativa, cui l’impegno di Bissoni si contraddistingueva per valori di umanità (Il bene comune) e per anticipazione dei diritti fondamentali (il diritto alla salute e al benessere). In questo è stato davvero un realizzatore straordinario e unico del disegno riformatore della legge 833, in particolare di quei settori più controversi come quello dell’assistenza psichiatrica. Con determinazione portò a termine la chiusura degli ospedali psichiatrici e istituì i Dipartimenti di salute mentale multidisciplinari. Come mai un patrimonio così innovativo da fare della RER un territorio all’avanguardia, non solo in Italia, nel fare della salute un motore dello stesso sviluppo scientifico, tecnologico e industriale è stato progressivamente dissipato, fino a far parlare i più critici di liquidazione?
Le ragioni sono molteplici, però quelle analizzate dall’ex ministro della sanità Renato Balduzzi del governo Monti dovrebbero aiutare gli amministratori progressisti ad aprire una riflessione critica, soprattutto da parte del Pd. Giovanni Bissoni era un amministratore unico anche per la capacità di esercitare sempre un pensiero critico e di correggersi in corso d’opera. Secondo Balduzzi il cedimento attuale dell’impegno riformatore delle forze progressiste viene da lontano. Sicuramente a favorire il processo di privatizzazione è stata da parte delle organizzazioni sindacali la condivisione del welfare aziendale e dell’assistenza sociosanitaria tramite le assicurazioni e il privato profit. Com’è stata l’assicurazione dei dipendenti della RER per le prestazioni che sono (dovrebbero) già garantite dalla sanità regionale. Com’è stata la mancata lotta dell’opposizione al progetto di autonomia differenziata, cui si era allineata anche la Regione ignorando che così i Livelli essenziali di assistenza (Lea) sarebbero stati ignorati per decidere autonomamente l’esternalizzazione dei servizi e delle prestazioni più remunerate a favore dei privati profit. Il privato vinta ogni resistenza della sanità pubblica e ogni forma di controllo tenderà a farsi privato-privato con buona pace del sistema universalistico. Si spera che l’associazione Bissoni riesca a contribuire a una rapida inversione di rotta.