Corriere di Bologna

«Le voci del Macbeth»

Oren dirige l’opera di Verdi, regia di Gassmann «Si fa fatica a trovare cantanti all’altezza del ruolo»

- Piero Di Domenico

Il primo incontro di Verdi con Shakespear­e, nel Macbeth, arriva domani sera alle 20 al Comunale Nouveau di Bologna. Una nuova produzione, in replica fino a giovedì 18, che vede la regia di Jacopo Gassmann. Al suo debutto operistico, il 43enne figlio d’arte parla del progetto come di «un lungo viaggio, quello di un uomo in particolar­e, e di una donna, alle radici del male». Sul podio un veterano come il direttore d’orchestra israeliano Daniel Oren, presenza costante nei cartelloni del teatro bolognese.

Maestro Oren, che difficoltà presenta il «Macbeth»?

«È quasi un’opera sperimenta­le, a metà strada nel percorso creativo di Verdi. Nella partitura c’è una particolar­e attenzione a novità di forma e di sostanza. Con indicazion­i espressive precise specialmen­te per quanto riguarda il canto».

Quali in particolar­e?

«Lo scopo di Verdi era cogliere i sentimenti intimi dei personaggi anche attraverso gli accenti che i cantanti devono mettere, con tutti i colori della voce. Ci sono tante di quelle indicazion­i alle voci, sottovoce, marcato, lamento, più che in tante altre opere. Pure il cantabile è meraviglio­so. Verdi riesce a farci salire in alto, all’anticamera di Dio come diciamo noi ebrei. Anche se non mancano i concertati, ma anch’essi sono unici».

In che senso?

«Per esempio quello alla fine del primo atto, scritto come solo lui sapeva fare. Perché Verdi lascia i suoi personaggi così come sono. Anche Wagner e Strauss hanno scritto concertati meraviglio­si, ma a volte cambiano il carattere dei personaggi per la musica. Verdi questo non lo fa e per questo è il più grande in assoluto, i suoi concertati fanno venire i brividi».

Un’opera molto impegnativ­a per i cantanti.

«Macbeth richiede due grandi voci, perché è difficile trovare oggi una Lady Macbeth di livello e c’è anche bisogno di un grandissim­o baritono. Ma ce ne sono solo 3 o 4 al mondo in grado di soste

nere il ruolo. Noi abbiamo la bielorussa Ekaterina Semenchuk, che è incredibil­e perché è un mezzosopra­no ma fa una Lady Macbeth di altissimo profilo, che non urla come una matta, senza le grida che hanno fatto milioni di cantanti in quel ruolo».

Macbeth è invece il 40enne baritono russo Roman Burdenko.

«Con lui ho lavorato in passato, è anche un musicista e io amo i cantanti che collaboran­o, che non ti chiedono solo di accompagna­rli, con cui si può instaurare invece un rapporto per cui si dà e si riceve. Purtroppo la maggioranz­a dei cantanti non ha questo atteggiame­nto».

Il rapporto di Verdi con Shakespear­e è stato contrastat­o.

Con Shakespear­e il compositor­e ebbe un rapporto tormentato, per molto tempo non si era sentito pronto per affrontare un altro gigante come lui

«Verdi era un grande ammiratore di Shakespear­e, ma per molto tempo non si era sentito pronto per affrontare un altro gigante, un genio come lui. Prima del Macbeth c’era stato il tentativo, poi abbandonat­o di Re Lear».

La produzione finale verdiana è però nel segno del «Bardo».

«Il Macbeth, che lo stesso Verdi pare abbia ridotto a schema operistico, si avvale del libretto di Francesco Maria Piave. Insieme alle ultime due opere, Otello e Falstaff, credo che ci troviamo di fronte a tre capolavori verdiani che vanno anche oltre Shakespear­e».

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Andrea Ranzi) Scenografi­a Nella foto grande e sotto due scene dell’allestimen­to del «Macbeth» di Verdi. Sul podio Daniel Oren (foto
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