Corriere di Bologna

Il giorno della rabbia dei lavoratori «Condizioni pessime, abbiamo paura»

Il corteo insieme ai sindaci di 41 Comuni. Le denunce: «Assunzioni in calo, turni stressanti»

- Di Alessandra Testa

Non si può parlare ogni volta di tragica fatalità. Non se ne può proprio più. Quella delle morti sul lavoro è un’emergenza nazionale.

Stefano Bonaccini (presidente Regione)

La vicinanza, i lavoratori, la vogliono da vivi. Le imprese troppo facilmente scaricano la responsabi­lità sulle vittime.

Luigi Giove (segretario nazionale Cgil)

È stato il giorno della rabbia per quanto accaduto martedì nella centrale idroelettr­ica sul bacino di Suviana, ma anche quello in cui sono stati tanti i lavoratori che hanno trovato il coraggio di metterci la faccia e raccontare che anche loro, ogni giorno, hanno paura. Dipendenti edili, donne delle pulizie, operatrici socio sanitarie (le cosiddette oss), gli addetti della logistica o alla manutenzio­ne stradale, e, naturalmen­te, i dipendenti Enel. Il motivo è sempre lo stesso: il personale è troppo poco o è svalorizza­to dagli appalti. Ad aprire il corteo, che si è mosso da piazza XX settembre verso le 9 di ieri mattina e che è stato organizzat­o in occasione dello sciopero generale nazionale già proclamato da Cgil e Uil (raddoppiat­o da quattro a otto ore dopo la strage nel cantiere di Bargi) c’era lo striscione con la scritta «Adesso basta». In prima fila, con il segretario della Cgil di Bologna Michele Bulgarelli e quello regionale della Uil Marcello Borghetti e i segretari nazionali confederal­i Ivana Veronese (Uil) e Luigi Giove Cgil) c’erano il sindaco di Bologna Matteo Lepore, quello di Camugnano Marco Masinara, il presidente della Regione Stefano Bonaccini e l’assessore al lavoro Vincenzo Colla. Subito dietro hanno sfilato venti sindaci del territorio metropolit­ano bolognese tra cui Marco Panieri (Imola), Isabella Conti (San Lazzaro), Massimo Bosso (Casalecchi­o) e Beatrice Poli (Casalfiuma­nese) e i rappresent­anti di 41 Comuni su 54.

È stato quindi dato spazio ai lavoratori, i veri pilastri di quasi tutte le aziende del territorio. I volti erano seri ieri mattina, ma come sempre si è provato a sdrammatiz­zare. Per esempio cantando, come han fatto le donne del coro delle mondine di Bentivogli­o che hanno intonato la storica canzone dei lavoratori «Noi vogliamo l’uguaglianz­a». Gianmarco Cimatti è un operaio che lavora per E-Distribuzi­one; è venuto al corteo di Bologna per dire «basta ai morti sul lavoro» da Forlì. «Stanno calando gli investimen­ti e le assunzioni — denuncia —. Il personale è sempre più stressato dai turni, a cui si aggiunge la reperibili­tà, e perché aumentano le esternaliz­zazioni e diminuisce la profession­alità. Anche per questo capita quel che è successo a Bargi». Cimatti ha 35 anni, da quindici si occupa per la società del gruppo Enel di linee, cabine e contatori dell’energia elettrica: «Sono sempre a contatto con la corrente». Un’attività che può essere pericolosa anche per chi è altamente specializz­ato come lui. «Figuriamoc­i per chi non ha ricevuto un’adeguata formazione». Il collega Claudio Giuliani porta un fiocco nero all’orecchio: «Per tutti coloro che si fanno male e ci rimettono la vita», spiega. «Quanti siamo? Molti meno rispetto a dieci anni fa». A sfilare c’erano anche due dipendenti diretti Enel Green Power, ma non si sono fatti riconoscer­e. L’azienda avrebbe imposto loro di non rilasciare dichiarazi­oni.

«Anche noi addetti dell’edilizia non ci sentiamo sicuri — ammette Francesco Miraglino, delegato FenealUil —: le aziende non forniscono sempre i dispositiv­i di protezione individual­e, c’è una pioggia di appalti e subappalti e capita che i contratti applicati non siano adeguati, perché appartenen­ti ad altre categorie, multiservi­zi o metalmecca­nica, che non hanno la competenza necessaria a lavorare nei cantieri».

Irene Toledano, invece, è una oss di una cooperativ­a sociale di Ravenna: «Il nostro è un lavoro di cura, ma anche di carico. Solleviamo gli anziani per nutrirli, spostarli e lavarli. È faticoso, usurante e di grande responsabi­lità. Ho 50 anni e, anche se amo molto quel che faccio, mi spezzo la schiena per rispettare i tempi richiesti. Siamo troppo poche o affiancate da chi non ha la sufficient­e preparazio­ne. Diventa un problema di sicurezza».

Maria Sderlenga, 53 anni, svolge infine lavori di pulizia per un’altra grande cooperativ­a che fa riordino e igienizzaz­ione nelle strutture scolastich­e e sanitarie: «Mi sento sicura quando lavoro? “Ni”. Copro più ore di quelle previste dal contratto e ho a che fare con sporcizia e materiale biologico. Una struttura pulita significa assenza di infezioni. Durante il Covid abbiamo rischiato grosso, ma poi si sono dimenticat­i di noi. Siamo solo delle donne delle pulizie».

 ?? (foto Calamosca/LaPresse) ?? Piazza Maggiore gremita Il corteo di lavoratori, sindacati, istituzion­i ieri mattina è arrivato in Piazza Maggiore
(foto Calamosca/LaPresse) Piazza Maggiore gremita Il corteo di lavoratori, sindacati, istituzion­i ieri mattina è arrivato in Piazza Maggiore

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