«Ho sperato tanto che si fossero salvati Il collaudo è codificato qui mai un problema»
De Angelis, capo della centrale, ha aiutato i soccorsi Poi si è sentito male al recupero dell’ultimo corpo
E’ rimasto per tre giorni al fianco dei suoi compagni e dei soccorritori che scendevano ai piani -8 e -9 sperando che l’inevitabile potesse essere evitato. Ha seguito da vicino le operazioni di ricerca da una posizione che nessuno vorrei mai occupare. Poi, quando anche l’ultima persona, Vincenzo Garzillo, è stata individuata e recuperata, non ce l’ha fatta e si è lasciato andare. Simone De Angelis, 42 anni, responsabile dell’Unità servizio di Suviana, è quello che l’ad di Enel Green Power Salvatore Bernabei ha chiamato «il capo della centrale». Lo è, da 4 anni (anche se risale a 17 anni fa il suo ingresso in azienda): De Angelis, originario di Roma, ma da tempo ormai trasferitosi con la famiglia a Castiglione dei Pepoli, ieri si è sentito male ed è stato trasportato all’ospedale di Porretta Terme.
Il suo percorso in Enel passa da alcune esperienze nel Lazio, poi arriva l’approdo in Emilia-Romagna e la guida della centrale. Ha lo sguardo stanco di chi ha vissuto giornate infinite senza mai riposarsi: è pomeriggio inoltrato quando De Angelis si affaccia dalla tenda del pronto soccorso e con la voce, ma soprattutto, con l’espressione del volto, prova a raccontare l’inferno vissuto in questi giorni nella centrale idroelettrica di Bargi.
De Angelis, che cosa le è successo?
«Mi sono sentito mancare. Dopo la botta di adrenalina di questi giorni, quando hanno trovato l’ultima persona dispersa mi è sceso tutto e sono crollato».
Come si sente adesso?
«Mi sento meglio e sinceramente vorrei tornare a casa dalla mia famiglia a Castiglione».
Che cosa le rimane di quello che ha vissuto in quegli ambienti, a fianco dei soccorritori, in questi giorni?
«Sono stati giorni duri. Io martedì non c’ero, perché ero in ferie, ma sono tornato subito, appena ho saputo quello che era successo».
E poi dalla sua centrale non
si è più mosso.
«Sono sempre stato qui, non ho dormito quasi mai, un paio d’ore ogni tanto per riposare un po’. Quelle persone le conoscevo, è gente che lavorava qui da tempo. E così ho voluto stare qui per aiutare e dare una mano nelle ricerche».
Ha continuato a pensare che il finale potesse diverso? C’è mai stata la speranza concreta di ritrovare qualcuno in vita?
«Sono stati giorni duri, dicevo, ma la speranza l’abbiamo sempre coltivata, anche se sapevo che man mano che passavano i giorni era sempre più difficile pensare di trovarli vivi. Sapevo che le possibilità diminuivano, ma la speranza c’è stata sempre».
Si è dato una spiegazione per quello che è successo nella centrale?
«Sinceramente no. Non mi aspettavo accadesse una cosa del genere. Quelli che stavamo facendo sono interventi consueti che seguono procedure codificate. Tutto è stato fatto come sempre, sono cose che facciamo abitualmente: non so davvero che cosa possa essere accaduto».
Che cosa si augura?
«Mi auguro e spero che analizzando i sistemi di controllo si riesca a capire che cosa è successo e si possa dare una spiegazione. Questa è una cosa che voglio capire».
Lei ora cosa farà?
«Mi hanno tenuto in osservazione per qualche ora, ma vorrei tornare a casa dalla mia famiglia al più presto. Poi, appena possibile voglio tornare alla centrale: ora è cominciata la fase due e vorrei seguire quello che verrà fatto. Ovviamente tornerei con ritmi diversi, andando con più calma».
Le cause
«Sono giorni terribili, li conoscevo tutti: non so spiegare, è stato fatto tutto come sempre»