Filmconcerto jazz in tre
Paolo Fresu e più di 30 anni di musica nel suo paese Firmato dai bolognesi Mellara e Rossi con Zenni
Un festival vivo e pulsante, che si rinnova ogni estate dal 1988. A Berchidda, ai piedi del monte Limbara, in Sardegna, il paese dove è nato 63 anni fa il trombettista Paolo Fresu, che «Time in Jazz» lo ha ideato. In un quarto di secolo il regista Gianfranco Cabiddu ha girato più di 1.500 ore, in cui sono finiti musicisti come Ornette Coleman, Stefano Bollani, Uri Caine, Art Ensemble of Chicago, Bill Frisell, Ezio Bosso e Carla Bley. Riversate nel film concerto «Berchidda Live. Un viaggio nell’Archivio Time in Jazz», frutto di un lavoro a sei mani che ha visto insieme a Cabiddu il duo di registi bolognesi Michele Mellara e Alessandro Rossi.
Dopo l’annullamento, a causa dello sciopero nazionale, dell’anteprima prevista l’11 aprile al Modernissimo e che sarà recuperata a maggio, questa sera alle 20 al Cinema Lumière prima proiezione a Bologna. Con Mellara e Rossi insieme al musicologo Stefano Zenni, direttore artistico del «Torino Jazz Festiva» e docente al Conservatorio Martini di Bologna.
Mellara, lavorare a sei mani non dev’essere semplice.
«Infatti è la nostra prima volta. Nel lontano 1999 eravamo tra i finalisti al Premio Solinas e lì incontrammo per la prima volta Cabiddu, che era un giurato. Il primo vero contatto per noi con il cinema stellato, c’erano Leo Benvenuti, Silvia D’amico, Pontecorvo. Vincemmo come miglior sceneggiatura, c’era anche Sorrentino che concorreva con il primo film, che vinse un premio Rai».
Com’è nata l’idea?
«Cabiddu ha curato per venticinque anni le riprese del festival con troupe diverse, documentando tutti i concerti. Per fare un film su questo festival originale e pionieristico la cosa migliore era collaborare a tre, perché lui era troppo vicino a quel materiale e appoggiarsi a noi, che avevamo un occhio vergine e abbiamo già lavorato su materiale d’archivio, lo rassicurava».
Come lo avete strutturato?
«Il film non è una cronologia storica di ‘Time in Jazz’ dalle origini a oggi, ma un film emozionale, complicato da gestire in montaggio perché volevamo che lo spettatore potesse saltare avanti e indietro nel tempo. Ci siamo appoggiati a un racconto che mette insieme vari capitoli, alcuni dedicati a strumenti come ottoni e pianoforti».
Un festival radicato nei suoi luoghi.
«Il film mette in risalto il rapporto forte che il festival ha con l’isola, non solo nella piazza principale di Berchidda, paese di 3mila anime, ma anche in montagna, in riva al mare, in chiese rupestri. Una babele di musicisti, generi dal jazz al classico al pop, i cori sardi, sempre di grande qualità».
” Una babele di musicisti, generi dal jazz al classico al pop, i cori sardi, sempre di grande qualità. In montagna, in riva al mare, in chiese rupestri
Rossi, dopo Santarcangelo un film su un altro festival.
«Un film realizzato con la collaborazione di Home Movies, che ha digitalizzato l’archivio del festival che pure continua ad aggiornarsi, e grazie alla Film Commission Emilia-Romagna. Eventi, fatti e cose accadute, soprattutto concerti unici raccontati come se fossimo gli spettatori che quest’agosto arriveranno nel paese».
Ci sono musicisti che tornano.
«Ci sono jam session inventate da noi in fase montaggio, accostando diversi musicisti o anche lo stesso, come Enrico Rava che suona con se stesso a distanza di anni».