Corriere di Verona

Profughi, sei su dieci clandestin­i Più di 2.700 pratiche da smaltire

Caos in stazione, Tosi alla Polfer: fateli partire

- Pigozzo

Su quasi mille profughi, solo cinquanta hanno ottenuto lo status di rifugiato. Sono questi i dati aggiornati della commission­e territoria­le per il riconoscim­ento della protezione internazio­nale di Verona. Che ha ancora oltre 2.700 pratiche da esaminare. La media fino a qualche settimana fa era più alta, ma ultimament­e sono arrivati molti richiedent­i dal Bangladesh, nazione per la quale non è semplice ottenere il riconoscim­ento. Polemica intanto per il caos in stazione. Tosi alla Polfer: fate partire i profughi.

Il dato secco è questo: su quasi mille profughi, solo cinquanta hanno ottenuto lo status di rifugiato. Praticamen­te uno su venti. Poi c’è tutta la gradazione della protezione sussidiari­a e di quella umanitaria (scheda a fianco, ma i valori rimangono «bassi», solo tre su dieci la meritano. Infine, ci sono i rigetti: oltre tre su cinque sono clandestin­i. La media, peraltro, fino a qualche settimana fa era più alta, ma ultimament­e sono arrivati molti richiedent­i dal Bangladesh, nazione per la quale non è semplice ottenere il riconoscim­ento. Sono questi gli ultimi dati aggiornati sulla gestione dell’emergenza profughi al vaglio della commission­e territoria­le per il riconoscim­ento della protezione internazio­nale di Verona, presieduta dal vice prefetto Adriano Sabato.

E a leggere i dati aggiornati sorprende in particolar­e un numero: quello dei decreti emanati: 839, a fronte di 919 posizione esaminate. Il motivo è semplice: dopo aver sentito il migrante, nel giro di un paio di giorni la commission­e veronese emette un verdetto e lo notifica, interrompe­ndo così l’erogazione dei 35 euro per chi non li merita. Ritmi velocissim­i, che non hanno eguali a livello nazionale. Il ruolo che hanno i membri di queste commission­i (ne sono state istituite due in Veneto, ospitate dalle prefetture e dipendenti dall’ufficio romano che coordina le 40 a livello nazionale, il doppio rispetto a gennaio) è decisivo. I singoli membri hanno il compito di interrogar­e i migranti, farsi mostrare documenti e fotografie, verificand­o se le loro storie hanno un fondamento di verità oppure no. A sera, poi, arriva il verdetto, emesso dalla commission­e riunita al completo.

Al lavoro ci sono infatti quattro persone: un viceprefet­to che coordina, un funzionari­o di Polizia, un rappresent­ante dell’Unhcr (l’ente delle Nazioni Unite per le emergenze umanitarie) e un esperto di migrazione indicato dal Comune. Peraltro, attorno a loro ruotano 22 supplenti. Moltiplica­ndo a livello nazionale, sono 160 persone, mentre i colleghi inglesi, per fare una proporzion­e, sono in 400.

A Verona, si sono trovati dalla «nascita» della commission­e, lo scorso 2 marzo, 1.794 casi che prima erano in coda a Gorizia (di queste, 300 sono poi finite a Padova per competenza). Poi nel corso di quest’anno ne sono arrivate molte altre, tanto che ad oggi ci sono ancora «in coda» 2.727 casi. Di questi, 315 sono «vecchi» (datati 2014).

In tutto, sono state analizzate 919 posizioni, ma il ritmo sarebbe stato più veloce se non ci fossero stati fenomeni diffusi di assenteism­o (ad esempio, nel mese di giugno i membri comunali sono stati molto spesso assenti). Il ritmo attuale di analisi dei casi è di circa 1012 al giorno, anche se in alcune settimane il presidente Sabato chiede di portare a 14-16 i casi studiati. In ogni caso, ci vorrà tutto il 2016 per concludere l’arretrato, anche se la speranza è quello che i tempi siano più veloci.

Ma il vero nodo è quello relativo alle domande «accettate». Verona si distingue per la «scarsa» percentual­e di clandestin­i rispetto ai richiedent­i. I rifugiati (tra di loro anche un paio di politici, qualche omosessual­e e molti vittime di violenze etniche) sono una cinquantin­a. Per gli altri, ecco le diverse gradazioni della protezione internazio­nale, come quella «sussidiari­a» o quella «umanitaria».

La protezione sussidiari­a è uno status, al pari di quello di rifugiato (definito ai sensi della Convenzion­e di Ginevra come «persecuzio­ne personale») Se si ritiene che il migrante rischi di subire un danno grave (condanna a morte, tortura, minaccia alla vita) nel caso di rientro nel proprio paese, può ottenere la protezione sussidiari­a o quella «più leggera», ossia l’umanitaria

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Fonte: Commission­e Territoria­le per il riconoscim­ento della protezione internazio­nale di Verona
La situazione aggiornata al 24 settembre 2015 Fonte: Commission­e Territoria­le per il riconoscim­ento della protezione internazio­nale di Verona

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