«Dall’Alpago al Garda, ecco le zone a rischio»
Torrita di Amatrice, la sua chiesa rasa al suolo
«Alpago, Alto Trevigiano ma anche Garda e Lessinia orientale. È la fascia pedemontana la zona del Veneto a maggior rischio sismico». Lo sostiene Giulio Di Toro, docente di meccanica delle rocce all’università di Padova.
alla Brigata Folgore, con attrezzature e mezzi — rivela il tenente colonnello Claudio Guaschino, a capo della centrale operativa —. Ci raccordiamo con le prefetture, che in tempo reale mandano le loro ricognizioni. Inoltre ci stiamo attivando per accogliere gli sfollati nelle nostre caserme: 60 sono già ospiti della Scuola dell’esercito di Rieti». A proposito di militari, si sono messi in moto gli alpini dell’Ana, con volontari e unità cinofile di Belluno. I 25 di Vicenza, partiti alle 14 con la «benedizione» del sindaco Achille Variati, arrivati a Rovigo sono invece dovuti tornare indietro. «La Protezione civile nazionale ci ha detto di aspettare — chiarisce il coordinatore Renzo Ceron —. I soccorsi vanno coordinati per non creare confusione, quindi restiamo in attesa di essere chiamati». Lo stesso dicasi per i volontari della Protezione civile messi a disposizione da Comuni e Province. «La priorità per noi è garantire il massimo sostegno e ai territori terremotati — dichiara Maria Rosa Pavanello, presidente Anci — nel direttivo di domani decideremo se avviare una raccolta fondi o altre iniziative di solidarietà». Sta invece già collaborando, con ruspe e trattori, Confartigianato, che pensa anche ad una colletta per aiutare le aziende zootecniche danneggiate. Lo stesso prevede Confartigianato Veneto, il cui presidente Luigi Curto annuncia: «Abbiamo contattato Ebav e Edilcassa, che hanno un fondo dedicato alle emergenze, per fornire a breve aiuti e assistenza alle sedi locali della nostra associazione e ai singoli imprenditori».
Ma accanto alla solidarietà c’è l’amarezza. «Una scossa di magnitudo 6 non avrebbe mietuto vittime in Paesi in cui la prevenzione è la regola — osserva Pietro Zangheri, presidente dell’Ordine Geologi del Veneto —. Ma in Italia continua a essere considerato un costo inutile, perchè i fondi dedicati vengono solo parzialmente usati dai Comuni. Eppure gran parte della nostra regione, soprattutto la fascia pedemontana dal Cansiglio alla provincia di Verona, è ad elevato rischio sismico».
Rilanciata dalle televisioni e dal web, la disperazione del sindaco Sergio Pirozzi rimbalza fino in Veneto: «Amatrice non c’è più». Ma c’è anche un veneto che non si trova, nella giornata più lunga per questo piccolo paese in provincia di Rieti, che fino a ieri notte era «uno dei borghi più belli d’Italia». Il vicentino don Luigi Dalla Costa, originario di Enego dove torna tutti gli anni per le vacanze, parroco di Patarico, vicario di Torrita, ex di Santa Giusta: tutte frazioni demolite dal terremoto, da cui il 75enne sarebbe però uscito sano e salvo per un soffio, o «per un miracolo» come dicono gli altri preti e i suoi parrocchiani, raccontando che le chiese e le canoniche sono crollate ma che lui avrebbe fatto in tempo a fuggire sulle sue gambe, quelle con cui da una vita porta la parola di Dio su e giù per l’Appennino, chissà magari anche adesso, che tutti piangono e molti lo cercano.
Non serviva certo la tragica cornice di un sisma devastante, per inquadrare un personaggio che pare spuntato da un romanzo. I natali sull’Altopiano, il 22 maggio 1941. Due fratelli emigrati in Francia, una casetta dove trascorre brevi periodi di ferie. «L’ultima volta che l’abbiamo visto è stato verso Pasqua — ricorda don Federico Meneghel, giovane titolare della parrocchia di Enego — ma quando don Luigi rientra è per riposarsi, per cui non è facile incontrarlo a spasso». Del resto di strada questo sacerdote, ordinato il 17 agosto 1975, ne fa già abbastanza durante l’anno. Ancora nel 1998 l’Adnkronos calcolava che Dalla Costa avesse percorso in autostop più di 2 milioni di chilometri, portando aiuto e conforto ai bisognosi e agli ammalati e trascinandosi dietro solo «un ombrello, una piccola valigia di cuoio ed un logoro basco», lui che tuttora non ha la macchina e non ama il cellulare. «Adesso indossa uno zainetto — racconta don Ernesto Pietrangeli, parroco della vicina Posta e cancelliere della diocesi di Rieti — ma per il resto don Luigi non è cambiato poi tanto. Ci siamo incontrati domenica scorsa, era venuto a celebrare da noi. Poi non l’ho più sentito, ma non c’è da preoccuparsi, sta sicuramente in giro».
In questo suo continuo spostarsi c’è infatti tutta la vocazione di Dalla Costa, come aveva spiegato lui stesso quasi vent’anni fa: «Una famiglia che abitava molto lontano mi chiamò. Erano disperati. Da quel giorno ho capito che la parola di Dio deve essere portata nelle case e che i sacerdoti non dovrebbero aspettare solo che la gente vada da loro nelle chiese». Tanto più ora, che delle sue parrocchie restano solo macerie. «Situazione a Torrita di Amatrice, chiesa crollata», è il tweet di Stefano Sgreccia, accanto alle foto di un cumulo di pietre. «L’edificio sacro è completamente collassato — dicono al ristorante Barcollo — ma per fortuna questa volta don Luigi non dormiva qui». Era a Patarico, dove però non è andata meglio. «Gli è crollata parte della casa ed è venuta giù pure la chiesa — riferisce Natalina De Angelis, parrocchiana di Santa Giusta — tanto che eravamo tutti in ansia per lui. Così sono andata in paese e ho chiesto informazioni ad un vicino. “Don Luigi è scappato”, mi ha risposto. Conoscendolo, sarà ospite di qualche famiglia».
I preti suoi amici hanno cercato invano di contattarlo. «Ma un carabiniere mi ha detto che non risultano sacerdoti fra le vittime», dice don Sante Gatti, parroco di Pescorocchiano. Sulle orme del compianto don Bruno Piovesan, originario di San Donà di Piave e per decenni parroco nella Valle Amatriciana, sono diversi i religiosi veneti da quelle parti. «Che paura alle 3.36 per la prima delle scosse», confida il veronese don Carlo Dalla Palma, che guida la parrocchia di Paganico Sabino. Così ora non resta che aggrapparsi alle parole pronunciate da don Luigi Dalla Costa in quella vecchia intervista: «Non ho mai smesso di viaggiare un solo giorno da trent’anni a questa parte e non ho mai avuto neppure un raffreddore. Lassù qualcuno mi vuole bene e mi protegge».
Vicentino Don Luigi Dalla Costa, 75 anni, è originario di Enego, dove ha una casa e torna per le ferie