Pazzini, i gol nel dna Bomber come il padre e il fratello
Con la doppietta al Brescia l’attaccante dell’Hellas sempre più capocannoniere di B Bomber di razza, come il papà e il fratello
Il gol è una tradizione di famiglia a casa Pazzini. Giampaolo continua a segnare a valanga con il Verona. C’è il suo doppio marchio nel 2-2 dell’Hellas con il Brescia, nella domenica di una partita, quella del Bentegodi, che ha fatto parlare, per l’intensità delle emozioni, di calcio d’altri tempi. Il Pazzo ha toccato quota 8 reti in cinque gare disputate (out per infortunio con Salernitana e Benevento, con l’Avellino è rimasto in panchina). Media imponente: 1.6 gol a giornata, per il centravanti gialloblù. Tanto per dare la misura, un ritmo superiore a quello tenuto da Gonzalo Higuaín col Napoli nello scorso campionato di Serie A: il Pipita andò a segno 36 volte in 35 partite. Che poi cinque marcature di Pazzini siano arrivate su rigore è un dato statistico, ma non decisivo al punto da ritenere meno «monstre» il suo rendimento in quest’avvio del campionato cadetto.
D’altronde il Pazzo, superata la magra annata 2015-2016, ha riallacciato la confidenza con la porta che ha nel dna. Già, perché quando si parla dei Pazzini (il plurale è d’obbligo) l’espressione «avere il gol nel sangue» non è un banale esercizio retorico. Giampaolo è uno dei tre figli di Romano, che è stato realizzatore prolificissimo negli anni ’50 nelle serie minori toscane con la Monsummanese e il Ponte Buggianese. Babbo Pazzini passò alla Pistoiese, squadra con cui toccò il picco dei 27 gol totali in Quarta Serie, nel 1958-59. Gli impegni lavorativi e il «metter su famiglia» lo allontanarono dai campi di calcio, su cui tornò, trentasettenne, per segnare 17 gol, nel 1973-74, con i dilettanti del Montelupo. Dei suoi tre figli, il primo che mostrò di avere preso pari pari il talento paterno fu Patrizio, nato nel 1967, mentre Federico è divenuto un imprenditore nel ramo della ristorazione. Patrizio, dunque: attaccante estroso, capace di grandi colpi e, soprattutto, di accumulare abbondanti bottini quanto a gol fatti. Il boom fu, come per papà Romano, a Pistoia, in Interregionale: 26 reti tra campionato e Coppa Italia, nel 198990, sotto la guida di un certo Giampiero Ventura. E Patrizio sarebbe stato il primo Pazzini ad arrivare in Serie A, non fosse stato per la tragica scomparsa di Mario Frustalupi, ex splendido centrocampista divenuto dirigente della Pistoiese, che era in procinto di chiudere il trasferimento del bomber alla Lazio, la squadra con cui, nel 1973-74, aveva vinto lo scudetto. A portarselo via fu un incidente stradale, Patrizio andò al Poggibonsi e continuò a segnare nelle serie inferiori. Intanto, nel 1984, era nato Giampaolo, il piccolo della «dinastia»: c’è una foto che lo ritrae sulle spalle di Patrizio, a festeggiare una vittoria del Poggibonsi con nelle mani una bandierina gialla e una rossa, i colori della squadra toscana. A Pistoia, Patrizio, beniamino della tifoseria, fu ribattezzato «Re Leone», prima che lo stesso nomignolo venisse dato a Firenze a Gabriel Omar Batistuta. Da qualche tempo ha aperto a Montecatini un locale, chiamato «Pizza dal Pazzo». Guascone, scherzoso nei video che pubblica via social, Patrizio, come Federico, ha un grande legame con Giampaolo. D’altronde la genetica è una scienza esatta e al Verona lo dimostrano anche Mattia Valoti e Simoneandrea Ganz. E l’auspicio, per gli appassionati dell’Hellas, è che dal Pazzo (la pizzeria) si possa far festa per il Pazzo (il centravanti dei record): sarebbe il migliore degli spot possibili.