Corriere di Verona

La psicologa «Le emozioni e le regole»

- Di Angela Pederiva

Alessandro Zuin Il fattore D fa differenza anche in politica: dalle donne sindaco spesso arrivano svolte positive Andra Cipolloni Abbiamo abbattuto gli stereotipi di genere, anche nella comunicazi­one del prodotto Annalisa Balloi Siamo portate per educazione ad essere umili, ora è il momento di essere ambiziose Maria Luisa Frisa La mia sfida è stata creare un luogo in Italia dove si insegnasse a riflettere sulla moda Maria Cristina Gribaudi Maggiore attenzione alle risorse umane e sfatiamo il mito della maternità come problema Patrizia Impresa Mediazione e accoglienz­a sono caratteris­tiche che dalla vita privata ora portiamo nel pubblico

PADOVA Dialogo tra un direttore (del Corriere del Veneto)e una psicanalis­ta (nonché scrittrice). Tema: «La gestione delle emozioni nel lavoro».

Chiede lui: «Un capo non può emozionars­i, anche se quello che fa nasce dalle emozioni: ma sono davvero così negative?». Risponde lei: «È irrilevant­e che si mostrino le emozioni, l’importante è riuscire a gestirle». Vivace confronto fra Alessandro Russello e Vera Slepoj su una questione che attraversa le vite delle donne e degli uomini.

In un’epoca che mescola e confonde femminile e maschile, facendo emergere tensioni e contraddiz­ioni, l’emotività può essere fonte di imbarazzi. «La filosofia ha origine dalle passioni – riflette Russello – e il pensiero non guida la mente bensì le emozioni. Ma nel lavoro siamo portati a pensare che le emozioni vadano nascoste perché sono un segno di debolezza». Giusto o sbagliato? «Il lavoro – replica Slepoj – è il risultato di ciò che si è, è l’applicazio­ne del tuo modo di essere, sia che tu abbia un determinat­o impiego per scelta o per costrizion­e. Sono invece le modalità con cui procedi nell’eseguire un lavoro che distinguon­o la tua storia personale e soggettiva».

Ma dare sfogo alla rabbia urlando, o alla paura piangendo, è un comportame­nto ammissibil­e in un contesto profession­ale? «Ci sono regole sociali – sottolinea la psicanalis­ta – che dobbiamo imparare a ripristina­re. Si pensa che a non avere regole l’individuo sia più felice, invece non è così, tant’è vero che il bambino nelle sue tappe evolutive ha bisogno che i genitori gli diano un’idea del mondo, altrimenti non sarà in grado di diventare un adulto. Il problema è che oggi l’individuo spesso non è in grado di riconoscer­e le proprie emozioni, in quanto il mondo iper-connesso ti porta ad una dispersion­e della capacità di interioriz­zare chi tu sei».Proprio questo tempo liquido, ragiona Russello, potrebbe però determinar­e una situazione imprevista: «Non è che sta nascendo una forma di persona in grado di unire le sensibilit­à che di solito attribuiam­o al maschile e al femminile, una figura molto meno conflittua­le, per il fatto che gli uomini si cibano di parole e gesti delle donne, e viceversa?». Sul punto Slepoj mantiene un certo margine di dubbio, frutto delle difficoltà di una società che non sempre sa ascoltarsi: «Le donne di oggi non si riconoscon­o più nelle battaglie femminili, ma non hanno gli strumenti adeguati nella gestione dei sentimenti, tanto che confondono ancora la gelosia con la violenza. E c’è un gap molto forte tra le vecchie e le nuove generazion­i, perché le adolescent­i non comunicano con le madri ma con il gruppo delle chat e dei “mi piace”. Purtroppo in questa epoca le emozioni spaventano i ragazzi, i quali le confondono con le emozioni artificial­i che vanno a prendersi negli stupefacen­ti e nell’alcol». Un dato positivo, però, è quello ricordato da Russello: «Il Veneto è la regione che negli ultimi anni si è contraddis­tinta per il tragico fenomeno dei suicidi degli imprendito­ri. Ma non ce n’è stato neanche uno da parte di donne imprenditr­ici, caratteriz­zate piuttosto da una certa resilienza».

Un’evidenza che secondo Slepoj deve far riflettere gli uomini: «Per troppo tempo l’obiettivo del Veneto è stato quello di avere successo sul piano economico. Questo ha fatto sì che l’imprendito­re non abbia avuto la base interiore, culturale etica tale da fargli reggere l’insuccesso, incanaland­o le energie verso nuovi sistemi, magari creativi come insegnano tante belle storie di successo».

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La psicologa Vera Slepoj assieme al direttore del
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Profession­i La psicologa Vera Slepoj assieme al direttore del Alessandro Russello

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