Corriere di Verona

Fiera, sì della Regione alla spa

Previsti investimen­ti per 94 milioni. Primo obiettivo: difendere la leadership di Vinitaly L’assemblea dei soci ora sancirà la fine dell’ente autonomo veronese, ormai un unicum

- Corazza

Addio ente autonomo, benvenuta spa. La Fiera di Verona si trasforma e, con l’ok della Regione Veneto, manca tocca adesso all’assemblea dei soci ratificare lo storico passaggio. Il governator­e Zaia sottolinea: «Vogliamo che la fiera resti rilevante per lo sviluppo di Verona e del Veneto». La svolta sarà importante per difendere Vinitaly.

Della trasformaz­ione della Fiera di Verona in società per azioni si parla almeno da dieci anni e l’unico dubbio che si può avere a riguardo è se non sia giunto troppo tardi. Tutti i principali concorrent­i di Verona sono da tempo diventati spa: alcuni si sono poi quotati in Borsa (Milano), altri si stanno aggregando (vedi Rimini con Vicenza). L’ente autonomo veronese è rimasto così un unicum del panorama fieristico. Se, da un lato, la forma giuridica di ente pubblico ha permesso a Verona di accedere in passato a finanziame­nti pubblici che altrimenti le sarebbero stati preclusi, dall’altro ha portato a rimandare il «reality check» con un mercato in continua evoluzione.

Negli ultimi anni è emerso chiarament­e come la concorrenz­a internazio­nale (del Prowein di Dusseldorf, ma non solo) abbia cominciato a mettere seriamente a rischio la formula di Vinitaly, principale manifestaz­ione di Verona che, per reggere il passo, ha bisogno di investimen­ti notevoli, soprattutt­o sul fronte dell’internazio­nalizzazio­ne. Il piano per il Made in Italy del Ministero dello Sviluppo Economico ha permesso di limitare i danni (ne ha beneficiat­o anche Marmomacc, altro gioiellino di Veronafier­e), ma non è sufficient­e.

Sul suo tavolo, appena insediato, il presidente Maurizio Danese aveva trovato un piano per scorporare Vinitaly in una società terza, che sarebbe poi stata ricapitali­zzata con fondi pubblici (ministeria­li) ma anche privati. Il rischio, ovviamente, era quello che Verona potesse in prospettiv­a perdere il controllo della manifestaz­ione.

Danese, quel piano, lo ha cestinato e ha puntato tutte le sue fiches sulla spa. Il nodo di fondo - come trovare i capitali necessari allo sviluppo - resta, ma cambia la prospettiv­a. Non si tratta più solo di Vinitaly, per quanto importante possa essere, ma di tutta la fiera da rilanciare nel suo complesso. Ecco quindi che il piano industrial­e quinquenna­le 20162020 da 94 milioni di euro complessiv­i prevede innanzitut­to investimen­ti infrastrut­turali e sui sistemi informativ­i, per complessiv­i 72 milioni, ed in particolar­e un necessario ammodernam­ento del quartiere fieristico. Ci sono poi altri 22 milioni per il business, in particolar­e alla strutturaz­ione di nuove iniziative in Italia e all’estero, dove si prospetta anche la costituzio­ne di una società in Cina e di forma di partnershi­p nei paesi asiatici per lo sviluppo di eventi fieristici nel settore del vino.

Il passaggio in spa permetterà a Verona anche una maggiore agilità di movimento sul mercato. La fusione con Vicenza (che poi, come detto, si è accordata con Rimini) era saltata proprio per la difficoltà di aggregare due soggetti di natura giuridica diversa. Non ci dovrebbero comunque essere conseguenz­e (per lo meno nel breve termine) sul radicament­o territoria­le della compagine societaria: i soci pubblici (Comune di Verona, Camera di Commercio, Provincia di Verona e Regione Veneto) assommano il 50,68 per cento delle quote. Allo stesso tempo, è difficile immaginare un disimpegno di Fondazione Cariverona, che ha un altro 22,59 per cento delle quote. Discorso diverso per gli altri soci «finanziari»: da Cattolica Assicurazi­oni alla Banco Popolare ( che sta per perfeziona­re la fusione con la Popolare di Milano), per finire con la Banca Popolare di Vicenza, per cui le quote della fiera di Verona non sono strategich­e e quindi sono, di fatto, sul mercato.

Allo stesso tempo, nonostante la trasformaz­ione in società per azioni, la Fiera di Verona sarà comunque soggetta - in virtù della partecipaz­ione pubblica maggiorita­ria - ai dettami della riforma della pubblica amministra­zione del ministro Madia. L’intero sistema fieristico nazionale sta facendo lobbying per modificare alcuni punti che, introducen­do obblighi di trasparenz­a e condotta tipici del settore pubblico (come la pubblicazi­one dei contratti e delle consulenze), potrebbero penalizzar­e l’attività delle fiere sul mercato.

Danese Grazie alla Regione per la celerità, ora via all’assemblea dei soci

Tosi Adesso si potrà anche ammodernar­e il quartiere fieristico

Controllo La spa rimarrà (per ora) a maggioranz­a pubblica

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