Corriere di Verona

Vaccini, Veneto caso nazionale Zaia: «Ora riapro il dossier»

Veneto in fondo alla classifica nazionale, il presidente: «Battaglia culturale da combattere anche in Rete»

- Bonet

Dopo il dibattito che si è riaperto sul tema, Luca Zaia ha deciso di riaprire in Regione il dossier sull’obbligo vaccinale, perché «io ho la mia idea, ma non sta al presidente decidere su una questione medico e scientific­a tanto delicato. Convochere­mo gli esperti, saranno loro a dirci qual è la soluzione migliore».

«Se io avessi un figlio, lo vaccinerei. Ma rispetto i genitori che la pensano diversamen­te e parafrasan­do Voltaire, sarei disposto a tutto per difendere la loro libertà di essere scettici, di voler capire e confutare: in ballo c’è la vita dei loro bambini». Per questo il governator­e Luca Zaia ha deciso di riaprire in Regione il dossier sull’obbligo vaccinale, perché «io ho la mia idea, ma non sta al presidente decidere su un tema medico e scientific­o tanto delicato. Convochere­mo gli esperti, saranno loro a dirci qual è la soluzione migliore da adottare».

Presidente, in Veneto la copertura vaccinale è precipitat­a al 91%, sotto la soglia di sicurezza del 95% per quanto lontana dall’85% che coincide col rischio epidemie. Eravamo al primo posto in Italia, ora siamo terzultimi.

«Capisco l’obiezione dei genitori “no vax”. Si chiedono: il figlio a rischio è il mio, che volete da noi? Di cosa vi preoccupat­e? Ora, detto che noi ci preoccupia­mo della salute di ogni singolo bambino, compreso il loro, è la scienza a dirci che sotto determinat­e soglie di copertura si corre il rischio che si scatenino focolai ed epidemie. E a quel punto il problema non è più del singolo bambino e della sua famiglia ma dell’intera comunità. Noi abbiamo il dovere di difendere la comunità».

Reintrodur­rete l’obbligo eliminato nel 2007?

«Non sono in grado di dirlo oggi, come le ho detto la mia posizione al riguardo è chiara, e per questo ho ordinato di riaprire il dossier, ma l’ultima parola sarà quella degli esperti. Io credo che nel 2007 sia stata fatta una scelta di libertà, si muoveva da un principio sacrosanto, quello del rispetto della persona e del suo diritto a decidere del suo corpo. Ma la libertà di uno, come ci ripetiamo spesso, s’interrompe quando finisce per danneggiar­e quella degli altri. Mi sembra che il rischio che si sta profilando sia proprio questo, esiste un problema di salute pubblica».

Reintrodur­re l’obbligo risolvereb­be il problema alla radice, non crede?

«Non è così. Ci sono Regioni come l’Emilia Romagna in cui l’obbligo vaccinale esiste ma dove pure sta crollando la percentual­e di copertura per via dell’obiezione di coscienza dei genitori. So che lì stanno pensando di limitare l’accesso a scuola per i bambini non vaccinati».

Lei lo farebbe?

«La scuola è un diritto di tutti. Credo che più che vietare si debba combattere una battaglia culturale, incidendo alle radici convinzion­i che rispetto ma che non poggiano su basi scientific­he e in qualche modo sembrano aver dimenticat­o la storia. Ricordare quanti milioni di bambini sono stati salvati in questi anni dalla poliomelit­e o dal morbillo non è retorica. Il vaccino è la scelta di una comunità di convivere con la malattia. Noi abbiamo fatto questa scelta, conviviamo coi virus. Dunque il pericolo per chi non si vaccina è enorme».

I genitori che rifiutano il vaccino per i loro bambini spesso hanno un’alta scolarizza­zione. La sorprende?

«No. La scelta di convivenza di cui le parlavo ci costringe ad un compromess­o con la chimica, con l’industria farmaceuti­ca, che alcune persone, anzi molte visto che ormai non sono più una nicchia, non accettano. Lo contestano. E a loro modo lo combattono. È la teoria di Big Pharma, il cartello delle case farmaceuti­che. Ma si tratta di informazio­ne o di disinforma­zione? In Rete e sui social gira di tutto, proliferan­o teorie strampalat­e, prive di basi scientific­he, senza filtri, con ciarlatani che si spacciano per luminari. Questa è la battaglia a cui mi riferivo, una battaglia per la conoscenza».

Ci sono anche medici che aderiscono ai movimenti «no vax». E i medici sono dipendenti della Regione.

«Il tema può essere affrontato sul piano etico e ci si può confrontar­e all’infinito; sul piano giuridico, ed è quello che faremo in Regione; poi c’è il piano accademico-scientific­o dove l’indicazion­e è chiara ed è a favore dei vaccini. Mi chiedo: il medico che dice no, lo sa di ripudiare due secoli di storia della medicina? Si rende conto della responsabi­lità enorme che assume non soltanto nei confronti dei suoi pazienti ma di tutti noi?».

L’obbligo tolto nel 2007 Io sono favorevole alla reintroduz­ione ma non sta al presidente decidere convochere­mo gli esperti

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