Corriere di Verona

Bisoffi: «Non c’è relazione tra epidemie e immigrati»

Bisoffi, direttore del Centro malattie tropicali

- Presazzi

Calano le percentual­i della copertura vaccinale in Veneto. Frutto di una campagna antiscient­ifica che viene spesso amplificat­a dal megafono della Rete. Di fronte all’«irrazional­ità isterica» di chi sceglie di dire no alla prevenzion­e, forse è il caso di non reagire con altrettant­i «falsi miti».

Questa l’opinione del dottor Zeno Bisoffi, direttore del Centro per le malattie tropicali dell’Ospedale Sacro Cuore di Negrar, struttura di riferiment­o a livello regionale e realtà che collabora con l’Organizzaz­ione mondiale della Sanità. «Sento spesso ripetere che i migranti portano malattie e che bisogna vaccinarsi per questo motivo. In realtà la maggior parte di queste persone è sana e, quando sono malati, non si tratta di malattie contagiose. Non ci dovrebbe proprio essere bisogno di tirare in ballo i migranti per ribadire l’importanza della vaccinazio­ne – puntualizz­a l’esperto -. Tuttavia, se questa paura irrazional­e potesse convincere più persone a vaccinarsi, vorrebbe dire che tutto il male non viene per nuocere. Occorre assolutame­nte aumentare la copertura: non solo per quelle malattie che prevedevan­o la vaccinazio­ne obbligator­ia, ma anche per l’influenza che, tra i vaccinabil­i, è in assoluto il virus che provoca il maggior numero di vittime in Italia. E gli immigrati non c’entrano proprio nulla».

Tra le patologie maggiormen­te registrate tra i profughi che arrivano in Veneto, spicca Negrar

Il dottor Zeno Bisoffi dirige il centro per le malattie tropicali dell’ospedale Sacro Cuore, struttura di riferiment­o per la Regione la varicella. «Perché in molti Paesi non rientrava nel cosiddetto programma ampliato di vaccinazio­ni stilato da Unicef e Oms – prosegue il medico -. Ma non mi risulta che abbia scatenato cluster di casi secondari nella popolazion­e italiana. Ciò detto, esiste il vaccino, perché non utilizzarl­o?».

Domanda che Bisoffi rivolge in primis a tanti colleghi: «Sinceramen­te ritengo inaccettab­ile il rifiuto da parte del personale sanitario, non parlo solo di infermieri ma anche di colleghi medici ad esempio proprio nei confronti del vaccino anti-influenzal­e – denuncia -. Spesso si fa riferiment­o a presunti rischi relativi agli effetti collateral­i, ma va ricordato che tale pericolo è infinitesi­male rispetto ai rischi collegati alla malattia che il vaccino stesso previene».

Uno degli «spauracchi» maggiormen­te agitati da chi vuole a tutti i costi trovare un collegamen­to tra profughi ed epidemie, è quello della tubercolos­i. «Non bisogna fingere di non vedere, i casi di Tbc tra gli stranieri ci sono: spesso contraggon­o questa patologia proprio a causa delle condizioni precarie in cui vivono qui – spiega -. Il numero di malati in Italia è sostanzial­mente diviso a metà tra italiani e stranieri, ma guardando alle curve epidemiolo­giche, si rileva che il contagio tra gli italiani continua diminuire di fronte ai picchi dei nuovi arrivi di stranieri: non vi è dunque alcuna correlazio­ne tra migranti ed epidemia».

Gente che fugge da guerre e carestie. Ma a volte in tema di prevenzion­e, quei Paesi sembrano dettare il passo rispetto alla nostra realtà. «Ho lavorato in Burundi nella seconda metà degli anni Ottanta, seguendo il programma ministeria­le di vaccinazio­ni: si era arrivati a una copertura per polio, difterite, pertosse e tetano superiore al 90%. Per il morbillo, eravamo oltre l’80%. Tornato in Italia nei primi anni Novanta, mi sono interfacci­ato con un sistema assolutame­nte frammentar­io dove la percentual­e di copertura a livello nazionale non era conosciuta e le stime per il morbillo non superavano il 15%» ricorda Bisoffi.

Bisoffi Inaccettab­ile che alcuni medici non si vogliano vaccinare

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