Francesco e Fabio in Usa storia di una tournée per caso
C’è una canzone di culto di Crosby, Stills Nash & Young che si intitola «Ohio». Storia di un’America distante, ma neppure troppo. Ma lì, in Ohio, appunto, a Cleveland, dei ragazzi veronesi ci sono stati non per suonare pezzi della grande tradizione di protesta folk Usa, ma per la surriscaldare la comunità italoamericana locale. Sono in due, si chiamano Francesco Ballarini e Fabio Campedelli, vengono rispettivamente da San Pietro in Cariano e da Zevio. La loro band? I Frankie & Fields, un album in uscita (titolo «Poor Lemons») e una tournée dall’altra parte dell’Atlantico nata per caso: «Siamo stati a Cleveland ad agosto, invitati da Nick, discendente di una ricca famiglia che opera nel settore immobiliare e assicurativo, perché suonassimo al suo matrimonio», spiega Francesco. Come sia spuntato un contatto così insolito, invece, lo riferisce Fabio: «Da tempo giriamo per locali a fare delle serate. Due chitarre e tanto divertimento, in particolare nella zona del lago di Garda. E proprio a Garda, un anno fa, tenemmo un concerto in un bar. Ci avvicinò questa persona. Nick, già. Ci disse che il nostro repertorio gli piaceva, che si sarebbe sposato e che avrebbe voluto averci come gruppo per le sue nozze. Abbiamo pensato a uno scherzo. A gennaio, invece, troviamo una mail in cui ci domandava di dargli i nostri nomi
per la prenotazione del volo per gli Stati Uniti ad agosto».
Un’avventura che meriterebbe di essere raccontata da Bill Bryson, oppure da un John Steinbeck di questi giorni: «Il matrimonio di Nick con la sua fidanzata, Chentelle, è stato festeggiato in uno spazio imponente, quello dell’Huntington Bank, una banca dismessa che presto diventerà un centro commerciale. Per due ore abbiamo accompagnato con le nostre chitarre l’aperitivo. Canzoni richieste? Quelle di Eros Ramazzotti, e poi Zucchero, con cui abbiamo aperto il set». Ma il viaggio americano di Francesco e Fabio non è finito a questo punto: «Eravamo a Cleveland in coincidenza con Ferragosto. Nick si è premurato di organizzarci una data ulteriore, ottenendo per noi un ingaggio al ristorante “Da Angelo”. C’erano tutti questi signori, emigrati da generazioni, che non parlano italiano, ma che conoscono benissimo i testi delle “nostre” canzoni del passato. C’è un radicamento fortissimo con la propria identità», osserva Fabio. Tra applausi e quel filo di commozione di un pubblico che, sulle loro note, ripensava alla terra dei propri padri, i Frankie & Fields hanno salutato Cleveland. Il trasferimento a Chicago, in attesa di prendere il volo di ritorno per l’Italia: «Chi ci avrebbe mai creduto, l’estate scorsa a Garda?», dicono assieme. Non hanno dovuto sognare la California, come quando i Dik Dik citarono i Mamas and Papas: l’Ohio è abbastanza.