Rapito in Libia, il giallo del riscatto
Caso Calonego, i rapitori avrebbero chiesto 4 milioni. Ma la Farnesina non conferma
BELLUNO La notizia la batte in tarda serata il portale del Medio Oriente «Middleasteye»: dopo quasi un mese di silenzio sarebbe arrivata una richiesta di riscatto per Danilo Calonego, meccanico di Sedico di 68 anni, i colleghi Bruno Cacace, 56enne di Cuneo, e Frank, canadese, rapiti in Libia lo scorso 20 settembre. «Vogliamo 4 milioni di dollari, altrimenti gli ostaggi saranno consegnati ad Al-Qaeda o a una cellula dell’Isis», il messaggio dei sequestratori riportato da fonti della sicurezza algerina. Secondo le quali i tre, che lavoravano per la società italiana «Coicos» all’aeroporto di Ghat, sarebbero nelle mani di un gruppo armato «composto da algerini e libici, con buoni rapporti con Aqmi», l’Al Qaeda locale. La banda sarebbe infatti guidata da un algerino legato ad Al Qaeda nel Maghreb islamico, «anche se agisce da sola e per motivi economici».
Ieri sera però non sono arrivate conferme dal ministero degli Esteri e nemmeno dai parenti di Calonego. Nel piccolo borgo di Peron, dove vive, le due sorelle, il cognato Remo De Min, le figlie Pamela, Simona e Wisal e l’anziana madre Gilda Balzan, 96 anni, non sanno nulla. Dall’alba di quel 20 settembre, quando Calonego e i due ingegneri vennero rapiti sulla strada che porta all’aeroporto di Ghat, nella provincia di Fezzan controllata dal governo d’Accordo nazionale riconosciuto dall’Onu, la famiglia vive nell’angoscia. Le sono arrivate solo le poche notizie diffuse dalle autorità locali, ovvero che i due italiani e il canadese stavano attraversando una zona montagnosa alle spalle di Ghat, a bordo di un fuoristrada guidato da un autista, quando un commando armato li ha fermati e sequestrati.
Da allora nessuna richiesta di riscatto, fino a ieri sera, quando dai Servizi segreti algerini è trapelato che gli ostaggi sarebbero nelle mani di un gruppo guidato da Abdellah Belakahal. E’ uno jihadista algerino che ha già collaborato con i qaedisti e con il feroce leader Mokhtar Belmokhtar ad assalti a impianti petroliferi e di gas nel deserto locale. Il gruppo si muove fra Libia e Algeria, Paese quest’ultimo in cui potrebbe aver portato Calonego e Cacace. Stando a «Middleasteye», Abdellah Belakahal avrebbe rapporti con un leader maliano dell’Aqmi, Mohamed el-Tergui: i jihadisti sfruttano la conoscenza del territorio di Belkahal e potrebbero voler prendere gli ostaggi, come lascerebbe intendere la minaccia di consegnarli «ad Al-Qaeda o all’Isis». Belakahal avrebbe anche chiesto la liberazione di due uomini del gruppo, compreso suo fratello, in carcere in Algeria per traffico d’armi.
Una fonte «credibile» di Ghat assicura che i negoziati sono condotti dal clan Tuareg e dalla tribù Tobou della Libia, che agiscono come intermediari con i rapitori. «Gli ostaggi stanno bene e dovrebbero essere rilasciati presto», aggiunge la stessa fonte, interna alle forze di sicurezza algerine.