Corriere di Verona

IL FATTORE PIL DEGLI IMMIGRATI

- Di Vittorio Filippi

Mettiamoci l’animo in pace. Di migranti, di profughi, di stranieri e di sbarchi ne sentiremo parlare a lungo. Diventeran­no – anzi sono già divenuti – una categoria solida del nostro tempo. Per (almeno) due semplici motivi. Il primo è che il nostro è un mondo in movimento, affollato e «stretto», come dice il demografo Livi Bacci. Con un problemino connesso: e cioè che fra una sola generazion­e il mondo avrà due miliardi e mezzo in più di abitanti e le popolazion­i dei paesi poveri raddoppier­anno mentre addirittur­a triplicher­anno quelle delle aree più deprivate, come l’Africa subsaharia­na. Il secondo motivo sta nella geografia: l’Italia, com’è noto, è distesa sul Mediterran­eo, ponte naturale tra Africa ed Europa, tra il mondo demografic­amente ricco ed economicam­ente povero ed il mondo economicam­ente opulento e demografic­amente invecchiat­o ed in via di spopolamen­to (un piccolo esempio? Il Veneto è calato di 6.300 abitanti nei primi cinque mesi dell’anno). A questo punto possiamo adottare tre approcci, tre atteggiame­nti. Il primo, quello forse più di moda, di sicuro più facile e perfino istintivo, è quello della pancia. Che brontola sonorament­e la propria insofferen­za, teme l’invasione, lo stravolgim­ento culturale e religioso, la criminalit­à, il terrorismo (islamico), la concorrenz­a per i posti di lavoro e chi più ne ha più ne metta. Un mal di pancia la cui diagnosi, in sintesi, si chiama xenofobia. Poi c’è l’approccio morbido e pietoso del cuore, pronto a commuovers­i alla visione degli sbarchi, al sapere degli oltre 3 mila disperati annegati nel Mediterran­eo solo quest’anno, alla situazione dei tanti bambini arrivati senza genitori. Un cuore che batte per questi «dannati della terra», pronto all’elemosina ed alla solidariet­à. E c’è poi il terzo approccio, quello razionale della testa. Che cerca di capire prima di tutto, non disdegnand­o qualche numero, qualche statistica. Non occorre scomodare Pitagora per sapere infatti che i numeri comprendon­o meglio la realtà di quanto sappiano fare la paura, la xenofobia o la commozione. Ecco perché è importante l’annuale ricerca della Fondazione Moressa sul contributo economico dell’immigrazio­ne – e di lavori analoghi – che, al di là della gran massa di dati presentati, quantifica in modo incontrove­rtibile una realtà. E cioè che gli stranieri producono: producono Pil, producono imprese, producono occupazion­e, producono (perfino) tasse per il fisco e contributi per il nostro affamato sistema pensionist­ico. Solo tre numeri che parlano da soli: in Veneto gli immigrati sono il 10,1 per cento della popolazion­e ma rappresent­ano il 10,8 per cento dei contribuen­ti e producono il 10,4 per cento della ricchezza regionale. Tre numeri che ci potrebbero ricordare come talvolta negli stessi problemi si trovi la loro (inattesa) soluzione.

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