Giv su Alibaba La lunga marcia del vino in Cina
Missione a Pechino per aprire lo store virtuale su Alibaba: «Noi ci crediamo»
È ancora presto per valutare la portata dell’accordo siglato in occasione dell’ultimo Vinitaly con la piattaforma di e-commerce Alibaba per la diffusione del vino italiano in Cina. Tra le grandi cantine veronesi, c’è anche chi (Masi su tutti) ha mostrato una certa diffidenza e ha preferito sfilarsi. Chi invece ha deciso di giocarsi appieno le sue fiches è Giv (Gruppo Italiano Vini), cooperativa veronese-romagnola con sede a Bardolino e che, ad oggi, è il gruppo vinicolo con il maggior fatturato in Italia. Ieri a Pechino il presidente di Giv Corrado Casoli ha firmato il contratto per l’apertura dello store virtuale dell’azienda sulla piattaforma TMall di Alibaba. Tra le bottiglie in vendita spiccano, tra le altre, l’Amarone Le Origini Bolla, il Valpolicella Ripasso Le Poiane, il Rosso Veronese Creso. «Abbiamo voluto fare un importante investimento nell’innovazione e nel futuro», ha spiegato Casoli, mentre per Marco Pizzoli, general manager di Giv Shanghai «il target di vendita è stimato in 100 mila bottiglie annue, traguardo che crediamo raggiungibile già dalla fine del 2017». «È importante che il vino italiano arrivi sui nostri store – ha dichiarato Fang Wai, di TMall Alibaba area – assieme al vino si trasmette anche il desiderio per gli altri marchi italiani e per quello che lo stile italiano rappresenta». A Verona è rimasta il direttore generale Roberta Corrà.
Direttore, è possibile fare un primo bilancio dell’accordo con Alibaba?
«Ad oggi abbiamo pochissima storicità. Per ora registriamo l’interesse sia delle istituzioni italiane che di quelle cinesi per lo sviluppo dei nostri prodotti in Cina. Il nostro presidente è andato in questi giorni proprio per siglare l’apertura di questo negozio virtuale. Per ora si tratta solo di un investimento per il futuro, in cui comunque crediamo molto. D’altra parte il mercato dell’e-commerce in Cina è un segmento che ha potenzialità altissime, lavoriamo già da tempo con altri distributori che usano canali e-commerce, con questo accordo intendiamo avanti su questa strada».
Può essere questa la via per colmare il gap con i francesi? Il vino italiano in Cina è all’anno zero...
«Forse non proprio all’anno zero, ma al massimo all’anno uno o due. La distribuzione non è facile, la difficoltà maggiore è proprio nell’inserimento dei prodotti. E un canale veloce dinamico flessibile come una piattaforma di ecommerce ci può permettere un po’ più di dinamismo».
Cosa rende così complicato il mercato cinese per il nostro vino?
«In parte la burocrazia e in parte la cultura. Andare a proporre un prodotto italiano, che deve affinarsi bene con la cultura del cibo e del lifestyle, non è così facile in un mondo così diverso dal nostro. I francesi sono là da decenni e hanno portato a conoscere un mondo occidentale diverso, a introdurre elementi nuovi nella cultura locale. Noi già nel 2012 abbiamo aperto una nostra trading a Shanghai, con cui oggi riusciamo a importare e distribuire i nostri prodotti, e questo dovrebbe aiutare a evitare molti passaggi. Il mercato è molto stratificato, ci sono molti passaggi prima che il prodotto finale arrivi al consumatore e fanno lievitare il costo, non permettendoci una gestione della leva prezzo opportuna. Diciamo che è un mercato ancora da scoprire».
Come si stanno muovendo le istituzioni?
«Direi molto bene. Con il loro aiuto si riesce a penetrare nel mercato con qualche agevolazione in più. Ma la cosa importante è la diffusione e la conoscenza dei nostri prodotti. Vinitaly ci sta dando un grosso aiuto, e-commerce ci dà velocità tagliando molti filtri. E le tante aziende italiane del food si stanno spingendo in Cina, favoriscono l’abbinamento cibo-vino, che è fondamentale per vendere le nostre bottiglie».