Da Palladio alle case da «condividere»
Costruire e innovare, a villa Emo il «Ciclo del Bello» voluto dai Giovani dell’Ance Le suggestioni di Donadon, la lezione del passato. Prearo: «Più regole e cultura»
Quella di Riccardo Donadon, fondatore e amministratore delegato di H-Farm, è una profezia. Quella di un futuro dove le auto e le case non saranno più gli status symbol per i quali lavorare una vita, ma strumenti da utilizzare in affitto e condividere. «Lo percepisco nei cinquecento ragazzi che lavorano con noi: per loro l’auto è un mezzo col quale spostarsi, più che acquistarla vogliono sapere quanto costa per percorrere un determinato numero di chilometri», spiega. «Per loro la casa è uno spazio da utilizzare, ma magari fra cinque anni potranno vivere in un’altra nazione. Non vogliono il lavoro per sempre, gli spazi di coworking aumentano. E il futuro della casa sarà legato all’internet of things, la tecnologia sarà ovunque, la attiveremo con comandi vocali e tutti saremo meno compulsivi nel rapporto con lei». La visione del guru dell’innovazione è stata proposta al secondo appuntamento sul «Ciclo del bello», promosso dal gruppo dei Giovani di Ance Veneto ieri pomeriggio a Fanzolo di Vedelago, nel Trevigiano, nella superba cornice della villa palladiana Emo, con l’obiettivo di riscoprire il patrimonio architettonico regionale per valorizzare la funzione dell’imprenditore edile, alle prese con un cambiamento storico: oggi viene data priorità più al risparmio che non alla qualità dei materiali utilizzati, di qui la nascita di strutture scadenti e talvolta persino pericolose.E proprio da questi esempi negativi è iniziata la tavola rotonda, moderata da Alessandro Russello, direttore del Corriere del Veneto, che ha citato i recenti episodi del crollo del tetto della scuola di Padova, ma anche del tribunale di Vicenza appena costruito e già oggetto di infiltrazioni, senza dimenticare il ponte di Calatrava a Venezia, tanto discusso per la sua poca fruibilità, o il recente terremoto, che ha messo a nudo come si siano costruite negli ultimi anni le case in Italia. Tra i relatori, oltre a Donadon, anche Roberto Scotta, docente di Tecnica delle costruzioni all’Università di Padova e Guido Beltramini, direttore del Centro di studi internazionali di architettura Andrea Palladio. Beltramini, in particolare, ha posto l’accento sulle «radici dell’innovazione» presenti nell’opera di Palladio. «Sapeva utilizzare i materiali e inventarsi soluzioni tecniche, come quei mattoni messi nelle colonne al posto della pietra», spiega. «Era attento alla funzionalità delle sue costruzioni, come per il fatto che in Villa Emo non si esce mai allo scoperto da un lato all’altro dello stabile». Scotta invece ha passato in rassegna una serie di soluzioni di ricerca applicata, che usano anche il legno ingegnerizzato, e che possono servire per il futuro dell’edilizia. «Ma c’è ancora troppo poco dialogo tra università e imprese». Anche se poi non è sempre vero: è stata presentata la case history di successo di Irene Scarpa, amministratrice di Nasiertech, capace di inventare, grazie alla collaborazione con l’Università, un gel che sta rivoluzionando, con l’uso delle nanotecnologie, il settore della pulitura enzimatica. Prospettive e scenari positivi, questi, che però cozzano con problemi reali. La mancanza di criteri di qualificazione per l’accesso all’attività di imprenditore edile e di una radicata cultura del «bello» sono alla base di molti ritardi e distorsioni in un settore dove, per citare il presidente regionale di Ance, Giovanni Salmistrari, è in corso un «cambio di paradigma culturale: ormai non si chiede più un’abitazione e basta, ma uno spazio dai ridotti consumi energetici e che costi poco in termine di manutenzione». La chiusura è affidata a Giovanni Prearo, presidente di Ance Veneto Giovani: «Il costruttore è un mestiere complicato – spiega – e occorrono regole chiare di accesso alla professione del costruttore edile, che disciplinino i requisiti minimi necessari: dalla consistenza patrimoniale alla struttura aziendale fino alla competenza dei dirigenti e delle maestranze. E’ poi necessario un altro elemento: la cultura. I nostri sforzi resteranno vani se non saranno accompagnati dalla diffusione della «cultura delle costruzioni e dell’opera edile» non solo tra gli operatori ma anche tra i comuni cittadini, che alla fine di tutto sono la committenza delle future costruzioni. Ecco spiegato il senso del Ciclo del Bello».