«Ho ucciso papà per disperazione»
Delitto di Cerro, sotto choc il figlio reo confesso. Oggi l’autopsia, domani l’interrogatorio
volevo, è stato un black out». Mercoledì all’ora di pranzo la luce si è improvvisamente spenta nella mente di Corrado Tommasi. E lui, 49 anni, un passato lavorativo in un’azienda di marmi e un presente interamente dedicato a prendersi cura degli anziani genitori, da persona «mite e schiva si è «di colpo» trasformato in omicida. Ha stretto un cavo elettrico attorno al collo del padre Bruno, 80 anni, e lo ha strangolato. È sotto choc in cella, domani verrà interrogato.
«Non volevo, è stato un black out». Mercoledì all’ora di pranzo la luce si è improvvisamente spenta nella mente di Corrado Tommasi. E lui, 49 anni, un passato lavorativo in un’azienda di marmi e un presente interamente dedicato a prendersi cura degli anziani genitori con cui viveva in un modesto appartamento di piccole dimensioni in una palazzina quadrifamiliare a Cerro Veronese, da persona «mite e schiva, che non aveva mai dato prima manifestazioni di violenza», due giorni fa all’interno del garage-rimessa di famiglia si è «di colpo» trasformato in omicida. Ha stretto un cavo elettrico attorno al collo del padre Bruno, 80 anni, e lo ha strangolato. Ha tolto per sempre l’ossigeno e la vita al papà «perché mi sentivo sempre più oppresso dai problemi e sempre meno in grado di far fronte alle difficoltà». È stato lui stesso a confessarlo subito dopo, telefonando al fratello Luciano che abita a Bellori di Grezzana con la compagna: «Vieni qui prima che puoi,ho fatto una cazzata». A lui e ai carabinieri della stazione di Roverè Veronese, Corrado ha spiegato che a destargli «una preoccupazione dopo l’altra», erano proprio quei genitori sempre più malati e che lui accudiva costantemente. La madre non era quasi più in grado di camminare. E poi il padre, la persona a cui era «in assoluto più legato» ma che sentiva ogni giorno più lontano, sempre meno lucido, mentalmente poco presente, per colpa di quel maledetto Alzheimer che gli si stava insinuando progressivamente dentro. E quella casa che necessitava di alcuni lavori di ristrutturazione. Corrado sentiva ricadere ogni incombenza sulle sue spalle. Non sopportava più tutta quella situazione ma, soprattutto, soffriva «moltissimo» nel vedere quel padre a cui era così affezionato che lo stava lasciando ogni giorno più solo.
A 49 anni, Tommasi era un uomo che non aveva amici, senza confidenti con cui poter sfogare le proprie frustrazioni. In paese lo conoscevano in pochi e solo di vista: era depresso e «carico di stress». Al centro di Salute Mentale dell’ospedale di Grezzana lo seguivano da anni, era stato più volte sottoposto a trattamenti psichiatrici. Si trovava tuttora in cura. Adesso però, ormai da 48 ore, è in una cella a Montorio. Su di lui, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Marco Zenatelli, pesa l’accusa di omicidio volontario aggravato dal loro rapporto di consanguinei. Almeno per il momento, invece, gli inquirenti optano per escludere l’aggravante della premeditazione. Decisivi, per orientare le indagini,si configurano comunque gli atti previsti nelle prossime ore: stamattina verrà conferito al medico legale dottoressa Elisa Vermiglio l’incarico di effettuare l’esame autoptico sulla vittima. Domani, invece, è in programma lo svolgimento in carcere dell’udienza di convalida della misura restrittiva scattata su Tommasi nella flagranza del delitto. Davanti al giudice per le indagini preliminari Laura Donati, il patricida potrà decidere con il suo difensore Massimo Martini se avvalersi della facoltà di non rispondere chiudendosi nel silenzio o raccontare al magistrato la propria verità. Molto dipenderà dall’evoluzione del suo stato: al momento appare provato e ancora sotto choc. Sa quello che ha fatto, e si sta rendendo conto dell’enorme gravità del reato che ha commesso. Ma, soprattutto, sta realizzando di aver tolto la vita alla persona con cui trascorreva più ore ogni giorno. Colui che amava di più. Al punto da ucciderlo «per disperazione».