Italiano: «L’Hellas è incontenibile Dura per il Trapani»
Era la primavera del 1996. L’Hellas stava per tornare in Serie A dopo quattro anni. Rino Foschi, direttore sportivo gialloblù, con Sergio Maddè, il responsabile del settore giovanile del Verona, aveva raccolto eccellenti segnalazioni su un ragazzo appena maggiorenne, un centrocampista con il piede col telecomando. Andava preso, ingaggiandolo dal Trapani, la squadra di C1, quella della terra da cui veniva, per quanto, all’anagrafe, sia nato a Karlsruhe, in Germania. Storie di emigrazione, di una vita da costruire con le certezze che nel tuo paese non ci sono. Vincenzo Italiano, all’Hellas, c’è rimasto per dieci anni, tolta una parentesi al Genoa. Del Verona è stato una bandiera, con 260 presenze totalizzate. L’addio, nel 2006, fu sancito dal passaggio al Chievo. Vicenda contrastata: «C’erano delle incomprensioni con la società, il momento era complicato. Io, all’Hellas, sarei rimasto per sempre. Ma non fu possibile. Qualcuno interpretò la mia scelta come un tradimento, e ne soffrii».
Italiano, domenica il Verona gioca con il Trapani: una bella fetta del suo passato…
«Ricordo quando Foschi, con Maddè, mi prelevò da quel Trapani, in cui mi avevano cresciuto Ignazio Arcoleo e Walter Nicoletti. Ero un ragazzino, mi trovai all’Hellas, in ritiro con giocatori che prima vedevo soltanto nell’album Panini: De Vitis, Baroni, Corini. L’emozione è un brivido che ho ancora dentro».
Un anno a imparare, mentre il Verona retrocedeva in B, un altro di apprendistato con le prime presenze regolari, infine il lancio da titolare...
«Cesare Prandelli mi diede responsabilità, in una squadra che non riceveva credito e che invece fu protagonista, nel 1998-99, di una cavalcata mitica: promozione, praticando un grande calcio. Purtroppo, a sei giornate dalla fine, in aprile in un’amichevole di metà settimana, mi ruppi il ginocchio. Rimasi fermo per mesi. La tristezza che avvertii fu tanta».
Questo Verona somiglia a quello di Prandelli?
«Per la struttura che ha, no. Noi eravamo giovani, nessuno riteneva che potessimo raggiungere la A. Ora, al contrario, l’Hellas è formazione costruita per vincere, ben guidata da Fabio Pecchia e piena di nomi di primo piano».
Chi le ricorda?
«Il raffronto lo faccio con il Chievo del 2007-2008: appena retrocessi, fu mantenuta in larga parte invariata la rosa, innestando degli uomini di categoria. Promozione in carrozza. Inoltre noto un’ulteriore affinità tra le due squadre: il centravanti. Al Chievo c’era Sergio Pellissier, al Verona Giampaolo Pazzini. Micidiali, gente che assicura caterve di gol».
La sfida con il Trapani come finisce?
«In casa l’Hellas è incontenibile. Il Trapani si è risollevato battendo il Benevento. Sono certo che uscirà dalla sfavorevole posizione in classifica in cui è, però domenica sarà durissima per loro prendere punti a Verona».
Tra l’altro, come allenatore, lei ha avuto anche Serse Cosmi...
«Fu nei mesi in cui fui ceduto dall’Hellas al Genoa. Posso dire, adesso, che quello fu un errore per tutti. Il Verona era in corsa per la Serie A e qualcosa perse, io non mi ambientai mai ed ebbi poco spazio, anche a causa di un infortunio, in una squadra fortissima. Ma a Cosmi non imputo niente, tutt’altro: non stavo bene in quel Genoa, mi prendo le mie responsabilità».
Un suo giudizio sul centrocampo di questo Hellas?
«Tanta qualità, proprio come piace a me. E anche dinamismo. Bessa è un talento cristallino, Maresca un veterano di gran classe, Fossati ha un tocco raffinato. Ma sono bravi anche altri: Valoti, una mezz’ala che fa gol e ne fa fare. E Zaccagni (che ieri ha rinnovato con l’Hellas fino al 2020, ndr), che ho conosciuto quando ero vice-allenatore al Venezia: farà strada».
E ora di cosa si occupa Vincenzo Italiano?
«Alleno in Serie D, alla Vigontina, in provincia di Padova. Gruppo giovane, obiettivo una tranquilla salvezza. Per adesso siamo in linea con quanto programmato. Ci vuole pazienza per far crescere i ragazzi, ma la soddisfazione che si trae nel vederne la maturazione è grande».
Il raffronto Questo Hellas ricorda il Chievo della promozione
L’addio Io non avrei mai lasciato l’Hellas, ma ci furono incomprensioni