Appello ai bravi maestri e «mea culpa» di Finardi nel talk sulle generazioni
VERONA Giovani orfani di un progetto, che uccidono ogni sogno dentro un futuro ad orologeria. Ci si è preoccupati di loro, ieri, nel pomeriggio caldo del Teatro Ristori. «Talks slidingdoors», l’evento organizzato dall’Ordine degli ingegneri, ha cercato di esplorare le generazioni, gli ingranaggi che si sono inceppati dai padri ai figli, dentro il panorama scuro che ci è piombato addosso in questi anni.
Un dibattito che ha incluso anche loro, i giovani: Ilaria Decimo, ricercatrice bioteconologa in Farmacologia e Neurobiologia all’Università di Verona, rientrata dall’efficente Belgio in un’Italia amata ma decisamente non stimolante. «Lì è impensabile per un ragazzo non trovare lavoro, qui invece vedi negli occhi dei ragazzi che non c’è speranza - racconta - ma proprio a loro dico sempre, anche nelle mie lezioni, di non mollare, ci vuole tenacia e determinazione. Se mi sono pentita di essere rientrata in Italia? No».
«Stiamo vivendo un corto circuito generazionale - spiega Luca Scappini, presidente dell’Ordine degli ingegneri di Verona che evidenzia forti egoismi sociali e amplifica il senso di esclusione e di ingiustizia soprattutto nei giovani. Occorrono soluzioni di lungo respiro che guardino alla valorizzazione del capitale umano e alla meritocrazia come leva per la competitività e lo sviluppo del Paese e della società». Riflessioni a voce alta le condivide anche il cantautore Eugenio Finardi (che ha pubblicato «40 anni di musica ribelle»): «Il mio primo 45 giri lo feci a vent’anni e in tanti mi chiedono quale sia la differenza dei giovani di allora e quelli di oggi - racconta -: io credo sia il senso del futuro. Noi avevamo un futuro infinito di fronte a noi, un futuro di grandi promesse. Credevamo nella giustizia, nel benessere sociale, nella sconfitta della fame nel mondo. Oggi i giovani hanno un futuro che ha una scadenza, come il latte. È triste, e credo sia anche colpa della mia generazione».
Mentre Alessandro Rosina presenta il suo report sulle ultime generazioni, il noto consulente aziendale Franco Cesaro lancia un monito: «Servirebbero più incontri generazionali che scontri - racconta - spesso a fine lezione, gli studenti mi si avvicinano per chiedermi: professore, mi dà un progetto? Mi dice qualcosa, mi sostiene? A casa non mi dicono nulla».
Dialoghi sempre più fragili, messi a dura prova dal panorama esterno nettamente cambiato: «Il lavoro veniva inteso come realizzazione, la famiglia come sostegno, anche culturale e il sociale come responsabilizzazione anche all’esterno, tutti concetti oggi modificati - spiega Cesaro - ma gli strumenti per progredire ci sono: basti pensare a tutti quei maestri pronti a trasmettere con amore il proprio sapere. Basterebbe solo metterli insieme in modo integrato, creare un sistema». Ad intervenire nel dibattito anche Paolo Ferrara, responsabile marketing di Terres des Hommes, uno dei più grandi movimenti a difesa dei bambini.