Corriere di Verona

Barbero racconta i Guggenheim e incanta il pubblico

- Camilla Bertoni

Mostre a decine, in ogni città dove ci si sposti. Ma quante possiedono veramente «l’arte di raccontare l’arte»? Queste sono quelle che la casa vinicola Allegrini ha scelto di premiare intitoland­o un riconoscim­ento, giunto alla quarta edizione, proprio a questa precisa, e rara, qualità. Premio che l’altra sera, nella magnifica cornice di villa Della Torre Allegrini a Fumane è stato consegnato a Luca Massimo Barbero per l’esposizion­e «Da Kandinskij a Pollock. La grande arte dei Guggenheim» che si è tenuta a palazzo Strozzi a Firenze da marzo a luglio contando più di 180 mila visitatori. «Non una di quelle mostre che mettono sempliceme­nte insieme opere “da…a” - ha spiegato il curatore Barbero, che a Verona è stato direttore artistico durante la riapertura della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti a Palazzo della Ragione – ma una mostra che racconta una forma di collezioni­smo che rappresent­a nelle sue scelte il ritratto preciso dei due Guggenheim, la zio Solomon a New York e la nipote Peggy a Venezia». Il premio ha

sottolinea­to lo stretto rapporto, come ha spiegato Marilisa Allegrini, che si è creato con la Collezione Guggenheim di Venezia attraverso Intrapresa­e, un gruppo di imprese, tra le quali Allegrini, nato nel 1992, che ha scelto la comunicazi­one culturale e il sostegno all’arte come forma di promozione.

E sulle note dell’Ensemble Musica Verona, Barbero, che ha portato la mostra proprio in quel palazzo Strozzi che nel ’49, tra molte polemiche, ospitò per primo la collezione di Peggy, ha raccontato i retroscena di molte opere, inscindibi­lmente legate alla vita dei due Guggenheim. Come quando Peggy nel ’44 fu spinta a vendere il primo quadro di Kandinskij, «Curva dominante», che aveva acquistato nel ’36: solo quando lo vide esposto nel ’55 alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, diretta allora da Palma Bucarelli (sulle cui scelte culturali e di acquisti di opere contempora­nee in quegli stessi anni c’era stata un’indagine), capì che a ricomprarl­o era stato lo zio Solomon. O come quando Peggy decise di far produrre da Vuitton una piccola valigia con tutte le opere in miniatura di Duchamp. Così dalle parole di Barbero - e dalla visita alla mostra -, ciò che è uscito non è solo la passione dei due Guggenheim per l’arte, ma anche la situazione culturale italiana e il debito, inimmagina­bile forse nella sua ampiezza, che la cultura americana di quegli anni aveva con l’Europa tutta e con l’Italia.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy