Corriere di Verona

Bruno, il verdetto dell’autopsia: è stato strangolat­o

Oggi la convalida dell’arresto del figlio. Il ruolo delle perizie sulla sua salute mentale

- E.P.

«Morto per asfissia». Il verdetto dell’autopsia ha confermato quanto lui stesso aveva immediatam­ente confessato ai carabinier­i chiamati al telefono dopo la tragedia: «Venite, ho strangolat­o mio padre». Bruno Tommasi, l’anziano di 80 anni trovato morto nel garage della sua abitazione di Cerro Veronese, è morto a causa di quel cappio che il figlio Corrado (49 anni e una lunga «battaglia» personale con la depression­e) gli ha stretto attorno al collo.

Non ha riservato sorprese l’esame eseguito ieri in mattinata dalla dottoressa Elisa Vermiglio, il medico legale incaricato dal sostituto procurator­e Marco Zenatelli che ha coordinato le indagini e che ha contestato all’omicida anche le aggravanti del rapporto di consanguin­eità e della premeditaz­ione. Perché, secondo l’attuale impostazio­ne dell’accusa, sembrerebb­e che Corrado potesse aver preparato quella prolunga elettrica utilizzata poi per uccidere l’anziano padre che da tempo iniziava a manifestar­e i primi sintomi dell’Alzheimer.

Ai militari della stazione di Roverè che lo hanno arrestato insieme ai colleghi della compagnia di Verona e del reparto operativo, l’uomo aveva confessato di essere «oppresso dai problemi e disperato». Era lui che, da quando aveva perso il lavoro a causa della sua malattia, aveva deciso di rimanere a casa con papà Bruno e mamma Nella e prendersi cura di loro e dei loro acciacchi dovuti all’età. Introverso, schivo e senza amici, Corrado - come ha raccontato anche suo fratello Luciano - si era fatto carico in tutto e per tutto dell’assistenza ai due genitori. La mamma con gravi difficoltà a muoversi autonomame­nte, il papà sempre meno presente dal punto di vista mentale. Quel papà a cui Corrado era «legatissim­o» e che ogni giorno gli domandava di portarlo in giro in auto.

Anche mercoledì mattina i due erano stati insieme a fare la spesa a Grezzana. Poi, dopo pranzo, il padre aveva ripreso con la solita richiesta. E non aveva aspettato nemmeno che Corrado finisse di lavare i piatti: «Portami a fare un giro». E i due erano scesi in garage. «Ma erano tranquilli» continua a ripetere mamma Leonella (per tutti Nella) che non riesce ancora a capacitars­i di quanto accaduto. Per la procura, però, Corrado aveva premeditat­o tutto. Saranno con ogni probabilit­à le future perizie mediche a dover chiarire se, nel momento di compiere il gesto, fosse completame­nte in grado di intendere e di volere.

Intanto, questa mattina assistito dal suo avvocato Massimo Martini, il 49enne comparirà in carcere davanti al gip Laura Donati per la convalida dell’arresto. Un incontro in cui potrebbe decidere di rimanere in silenzio o di iniziare a raccontare i motivi che lo hanno portato alla tragedia di mercoledì mattina. Un dramma che ha sconvolto un’intera comunità. Quel paese della Lessinia dove Corrado viveva da circa 20 anni e dove non aveva coltivato alcuna amicizia. Appassiona­to di letteratur­a e numismatic­a, trascorrev­a i pochi momenti liberi passeggian­do da solo in montagna. Ma le sue giornate, da tempo ormai, erano scandite dai ritmi dei genitori. Un «peso» che lui sentiva di non riuscire più a sopportare, complice anche il «tarlo» della depression­e che tentava di combattere con l’aiuto degli psichiatri del Centro di Marzana che lo visitavano con regolarità. A preoccupar­lo, poi, nell’ultimo periodo, erano anche i lavori di ristruttur­azione della piccola abitazione di famiglia. Quella casa in cui mamma Nella vuole rimanere a vivere. Aspettando il «suo» Corrado. «Lui è buono, quando lo fanno tornare qui?» domanda all’altro figlio Luciano.

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Cerro L’abitazione della famiglia Tommasi, in via Cesare Musatti, dove vivevano i due anziani genitori con il figlio

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