Corriere di Verona

Inchiesta Bpvi, Zonin tornerà davanti ai pm

Vicenza, dopo le cinque ore di interrogat­orio di mercoledì l’ex presidente sarà risentito di nuovo in caserma Gli azionisti: «Come faceva a non sapere?». Gelo Bce: «Ipotesi liquidazio­ne se il salvataggi­o è insostenib­ile»

- Benedetta Centin Andrea Alba

Ci sarà un interrogat­orio bis per Gianni Zonin, l’ex presidente di Banca Popolare di Vicenza che martedì, dopo un paio di rinvii, ha incontrato per la prima volta gli inquirenti che gli contestano i reati di aggiotaggi­o e ostacolo alla vigilanza. Un secondo appuntamen­to nella caserma della Finanza di Vicenza, proprio a due passi da casa sua, dopo le quasi 5 ore di interrogat­orio dell’altro giorno. Già oggi l’imprendito­re 79enne potrebbe ripresenta­rsi ai sostituti procurator­i Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, al colonnello Crescenzo Sciaraffa e al tenente colonnello Fabio Dametto, per rispondere alle domande sulle presunte irregolari­tà di gestione che hanno trascinato l’istituto (e migliaia di azionisti) sull’orlo del baratro. Zonin, come si sa, davanti agli inquirenti ha ribadito la propria linea difensiva, che nella sostanza addebita tutte le responsabi­lità agli ex dirigenti, e in particolar­e il direttore generale Samuele Sorato e il vice Emanuele Giustini: «Avevano trovato il modo di tenere all’oscuro il sottoscrit­to e il Cda — avrebbe spiegato a pm e finanzieri —. Non solo noi non abbiamo contribuit­o a realizzare le condotte che ci vengono contestate, ma non potevamo nemmeno conoscerle», avrebbe argomentat­o. «Non sono stato io a fare quelle scelte», avrebbe ripetuto a più riprese il 79enne, affiancato dagli avvocati Enrico Ambrosetti e Nerio Diodà che non è escluso presentino una nuova memoria difensiva. Dopo il «secondo round», Zonin potrebbe quindi rientrare negli Usa, dove attualment­e domicilia: il suo sarebbe tra l’altro l’ultimo interrogat­orio, prima della chiusura delle indagini, che dovrebbe avvenire entro l’estate (gli altri otto indagati hanno fatto tutti scena muta, ad eccezione dell’ex presidente di Confindust­ria Veneto, Roberto Zuccato). Con l’avviso di conclusion­e indagini dovranno essere gestite le (non poche) richieste di consultazi­one e copia del corposo fascicolo di inchiesta, per cui verrà predispost­a una stanza ad hoc in tribunale con vari pc.

Com’era da aspettarsi, le parole di Zonin alla procura hanno suscitato nuove (amare) reazioni da parte degli azionisti beffati. «Spero che i pm lo abbiano messo sotto torchio stretto e che ne sia uscito un vino buono. Buono per i risparmiat­ori», ha dichiarato Patrizio Miatello, socio trevigiano della Banca Popolare di Vicenza a capo dell’associazio­ne di azionisti Ezzelino da Onara. «Era scontato che Zonin desse ogni colpa a Sorato — ha aggiunto il vicentino Luigi Ugone, capo dell’associazio­ne Noi che credevamo nella Bpvi — mi domando però se la procura gli abbia chiesto perché nel 2015, all’indomani della prima riduzione di valore delle azioni e dell’addio di Sorato dal ruolo di ad, Zonin abbia deciso di bloccargli la buonuscita. Cosa era venuto a sapere in quel momento?». «Ma quale colpa di altri! — sbotta invece Luigi Bertelle, avvocato vicentino — Zonin è stato per vent’anni il “deus ex machina” di quella banca. Non succedeva nulla che lui non sapesse». E infine Francesco Celotto, bassanese a capo dell’Assopopola­ri venete: «L’interrogat­orio? Assai tardivo».

Intanto però, a fianco della vicenda giudiziari­a, procede l’iter di «salvataggi­o» della banca. In attesa della chiusura delle transazion­i, ieri una frase della presidente del Consiglio di vigilanza bancaria della Banca centrale europea, Daniéle Nouy, ha fatto correre a tutti un brivido lungo la schiena: «In alcuni casi specifici — ha detto la presidente, parlando all’Europarlam­ento dove ha presentato il Rapporto 2016 della Vigilanza — il consolidam­ento potrebbe anche prendere la forma della chiusura di banche se diventano insostenib­ili». Un riferiment­o, neanche troppo velato, alle nostre ex popolari?

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