Corriere di Verona

Il giudice si arma, l’ira dei magistrati

Treviso, lettera choc di Mascolo: «Lo Stato non c’è». Anm contraria, la Lega lo difende

- G.B.

Ha scritto una lettera per annunciare che d’ora in poi girerà armato e per accusare lo Stato d’abdicare al suo ruolo. E adesso il giudice di Treviso, Angelo Mascolo, rischia provvedime­nti. L’Anm del Veneto ha subito preso le distanze dal collega, stigmatizz­andone le parole. «I magistrati veneti, a differenza di Mascolo, credono nello Stato», dice l’associazio­ne. Su Mascolo il Pg ha aperto un’azione disciplina­re su un caso precedente.

I magistrati prendono le distanze dal giudice Antonio Mascolo e ne condannano l’invettiva contro lo Stato, accusato di aver abdicato al suo ruolo. Di più: si dicono «sgomenti» di fronte a una lettera che un uomo di legge non avrebbe mai dovuto scrivere e tanto meno spedire ad un quotidiano.

Mascolo probabilme­nte non si aspettava che le sue affermazio­ni provocasse­ro una simile tempesta. La scelta di scrivere muove da una vicenda personale: qualche sera prima, mentre era al volante, ha superato un’auto, che per ripicca lo ha inseguito minacciosa gettandolo nel panico. L’intervento di una gazzella dei carabinier­i avrebbe evitato il peggio ma, una volta rientrato a casa, il giudice, scosso, ha deciso di mettere nero su bianco il suo pensiero da cittadino che non si sente protetto dallo Stato, dalle forze dell’ordine e dalla stessa magistratu­ra di cui fa parte. Di qui le reazioni dell’Associazio­ne nazionale magistrati del Veneto. «La giunta veneta resta sgomenta dinanzi alle esternazio­ni pubbliche del collega e se ne dissocia riservando­si di interessar­e il collegio dei probiviri per le valutazion­i disciplina­ri», ha detto ieri pomeriggio l’Anm. Mascolo non è nuovo agli onori delle cronache e nemmeno a procedimen­ti disciplina­ri visto che la Procura generale ne ha già uno pendente per una vicenda che risale alla scorsa estate.

A luglio, dopo aver deciso la scarcerazi­one di due finanzieri e di un imprendito­re accusati di corruzione per aver accettato due orologi del valore di 5 mila euro, Mascolo disse che si trattava solo di un «regalino» facendo intendere che nei rapporti con la Finanza può accadere. Ora, a qualche mese di distanza, scoppia un nuovo scandalo e Mascolo torna nell’occhio del ciclone. Dopo il fattaccio al volante, il giudice ha annunciato che d’ora in poi girerà armato, come consente la legge ai giudici penali che dal 1984 non hanno l’obbligo del porto d’armi. «Se fossi stato armato e avessi sparato avrei subito l’iradiddio dei processi da parte dei miei colleghi», ha scritto il giudice. E ancora: «lo Stato ha perso totalmente il controllo del territorio». Alla vista della lettera, i colleghi di Mascolo sono appunto rabbrividi­ti. Per primo, Aurelio Gatto, presidente del Tribunale di Treviso. «Non posso commentare opinioni personali che io e penso la magistratu­ra nel suo insieme non possono condivider­e», ha detto ieri mattina prima che l’Anm prendesse posizione. Di lì a poco, a cascata, sono seguite le condanne dei colleghi, del sindacato di polizia Siulp e di ex magistrati come Felice Casson, senatore Pd.

«Un magistrato ha il dovere di mantenere riserbo e contegno», ha detto Antonino Condorelli, procurator­e generale della Corte d’Appello di Venezia. Ha aggiunto Pierantoni­o Zanettin, membro del Csm: «Sono perplesso, fosse stata un’intervista, le parole di Mascolo potrebbero essere state travisate ma è una lettera – ha sottolinea­to -. Un giudice deve sempre ispirarsi a canoni di sobrietà, ora la questione è all’attenzione del Procurator­e generale». Dura la reazione di Silvano Filippi, segretario del Veneto del sindacato di polizia Siulp. «Il giudice arriva per caso da Marte? – ha ironizzato – Sono sconvolto, le sue sono idee inaccettab­ili: hai un bisticcio in strada e ti armi? Direi proprio di no. Io credo nello stato di diritto, non al Far West tant’è che quando stacco dal lavoro, la pistola resta in caserma. Non dimentichi­amoci che l’aumento dei crimini è proporzion­ale alla maggiore diffusione delle armi». Per Filippi, Mascolo ha messo a rischio la sua carriera e a causa della lettera potrebbe essere ricusato in tribunale. «Ha esposto le sue opinioni, qualche imputato potrebbe dire che ha idee preconcett­e», ha concluso.

Casson, magistrato prestato alla politica da oltre dieci anni, al collega ieri ha dato un consiglio: «Se vuole cambiare le leggi che dismetta la toga e faccia politica». Il senatore condanna a tutto campo le parole di Mascolo, «Legittima chiunque ad armarsi e a fare giustizia da sé – ha aggiunto già abbiamo i sindaci sceriffo che sono inaccettab­ili, se si aggiungono magistrati sceriffo si perde la bussola».

Uniche voci fuori dal coro quelle del leader della Lega, Matteo Salvini e del presidente Luca Zaia: «Mascolo ha solo fotografat­o la realtà».

Ieri, l’Anm ha voluto anche precisare: «A differenza del collega, i magistrati veneti credono nello Stato, si impegnano a difenderlo e a difendere tutti i cittadini senza ricorrere a violenza o forme di vendetta che Mascolo pare invece auspicare».

Condorelli Un magistrato deve mantenere contegno e riserbo

Zanettin Un giudice dovrebbe sempre ispirarsi ai canoni della sobrietà

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