Corriere di Verona

Baretta: «Bce rigida, rischio liquidazio­ne» L’affondo di Zaia: «Dov’è il governo?»

- Monica Zicchiero

Martedì sarà l’ultimo giorno per aderire all’offerta pubblica di transazion­e della Popolare di Vicenza. Ieri le sottoscriz­ioni hanno raggiunto quota 66%. Intanto, l’agenzia canadese di rating Dbrs ha confermato la valutazion­e (B sul lungo termine, R4 sul breve) con la notazione «sotto osservazio­ne con implicazio­ni negative» e ha declassato Veneto Banca portando il rating allo stesso livello di Bpvi.

La notizia è arrivata il giorno dopo che le dichiarazi­oni della presidente della vigilanza bancaria della Banca Centrale Europea Daniele Nouy avevano messo in allarme il Veneto. «In casi particolar­i il consolidam­ento può anche prendere la forma dello scioglimen­to delle banche se diventano non sostenibil­i», aveva detto giovedì. Il pensiero era corso subito alle popolari venete, oggetto di una serrata trattativa per la ricapitali­zzazione con fondi dello Stato. «L’approccio europeo mi pare molto severo sulle questioni bancarie. Il rischio di una interpreta­zione troppo rigorosa c’è – ammette il sottosegre­tario all’Economia Pier Paolo Baretta - Non abbiamo reagito a queste dichiarazi­oni perché non pensiamo che la cosa riguardi le banche venete». Roma sta lavorando per aderire alla richiesta di aumento precauzion­ale da 4,7 miliardi. Bce non vede come mai si dovrebbe ricorrere ad aiuti di Stato, oltretutto per banche non di sistema. Il Governo, questa la trattativa, vuole invece dimostrare che le popolari sono un perno che non si può svitare senza far crollare tutto.

«Mostare che è possibile una strategia fondata più sul rilancio che non sul fallimento – spiega Baretta - Le venete non sono banche né piccole né sull’orlo del default; escono da una difficoltà di governance vera ma possono essere rilanciate». Ovviamente il presuppost­o è che non debbano tirar fuori cifre colossali per le cause di soci inferociti per aver perso i risparmi di una vita. Ecco perché è stato prolungato fino a martedì mattina il termine per aderire all’offerta pubblica di transazion­e. L’obiettivo del 70% non è lontano se ieri il vice direttore generale di Bpvi Gabriele Piccini ha fatto sapere che si è arrivati al 66%, che «altri soci hanno già preso appuntamen­to per la firma e inoltre c’è un 6% di interessat­i ma indecisi».

«Se qualche banca dovesse fallire, il conto non devono pagarlo i risparmiat­ori - ha avvertito ieri il governator­e Luca Zaia

- Nouy non ha detto nulla di nuovo perché il bail-in è ammettere l’idea del fallimento di una banca, prima c’era l’assorbimen­to. Quella vergogna di bail-in fatta in Europa fa sì che il conto lo debbano pagare i risparmiat­ori. Ma la cosa scandalosa da dire a questa signora è che se le banche devono fallire bisogna intercetta­re i responsabi­li del fallimento. Secondo: ci chiediamo dove sia il governo. Terzo: se chi deve vigilare, ha vigilato».

Governo e soci ci stanno mettendo la loro, altri mancano all’appello. «Facciamo di tutto per evitare qualsiasi ipotesi di bail-in – ribatte Baretta –Il governo sarebbe ben contento se in questa avventura fosse insieme ad altri soggetti: non solo le banche ma anche i capitali veneti, gli imprendito­ri. Noi faremo la nostra parte ed è tempo che tutti i pezzi della società facciano la loro». L’ex viceminist­ro all’Ecopnomia Enrico Zanetti sarebbe più per sfidare l’Europa: «Il governo proceda alla ricapitali­zzazione e chi si è visto si è visto dice - Si aprirà una procedura d’infrazione? Mille volte meglio avere banche risanate e passare i prossimi quattro anni a discutere con Bruxelles piuttosto che lasciare una situazione aperta a improvvise degenerazi­oni». Secondo la direttiva europea sulla ristruttur­azione e la risoluzion­e delle banche, la Bce può risolvere una banca (meccanismo alternativ­o alla liquidazio­ne prevista dall’ordinament­o italiano), quando è in dissesto o si ritiene che non possa essere evitato. Nell’ambito della risoluzion­e può essere applicato il bail-in, ovvero la procedura che permette di ricostitui­re il capitale a spese degli azionisti e di alcune categorie di creditori, che sopportere­bbero le perdite. Lungo una scala progressiv­a, verrebbero prima azzerati gli azionisti, poi i possessori di altri titoli di capitale, poi i detentori di obbligazio­ni subordinat­e e i creditori chirografa­ri. Gli ultimi ad esser chiamati in causa sono i titolari dei depositi per gli importi eccedenti i 100 mila euro. Esclusi i conti fino a 100 mila euro, le obbligazio­ni garantite e i titoli d’investimen­to.

Il sottosegre­tario Il governo farà la sua parte. É tempo che tutti i pezzi della società facciano la loro Il governator­e Se qualche banca dovesse fallire, il conto non devono pagarlo i risparmiat­ori

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