«Porto Calzedonia a New York In città troppe aree commerciali»
Mr Calzedonia a tutto tondo: «Non è vero che negli Usa c’è meno burocrazia. Signorvino? Si va all’estero»
VERONA A tutto tondo. «Uno dei negozi Calzedonia che apriremo a New York, quest’anno, sarà sulla Quinta Strada. Orizzonte estero pure per Signorvino». Uno sguardo, però, anche sulla sua Verona. «La nuova Zai? Penso non si debba esagerare con le superfici commerciali». Parla il patron di Calzedonia, Sandro Veronesi.
Uno sguardo sul mondo. «Uno dei negozi Calzedonia che apriremo a New York, quest’anno, sarà sulla Quinta Strada. Più a breve Shanghai, in Cina. Orizzonte estero pure per Signorvino». Uno sguardo, però, anche sulla sua Verona. «La nuova Zai? Penso non si debba esagerare con le superfici commerciali». «Se si farà la copertura dell’Arena? Non ci scommetterei più di tanto…». «La prossima amministrazione? Tosi è uno pratico e spero lo sia anche chi verrà dopo».
Ospite ieri alla Cantina Valdadige, Sandro Veronesi - fondatore del Gruppo Calzedonia, 30 anni di attività, 4mila punti vendita in 42 Paesi e un fatturato consolidato per la prima volta oltre i due miliardi di euro nel 2015 - parla d’imprenditoria, idee, politica e della sua città, Verona.
Partiamo da Signorvino, Veronesi: nuove aperture?
«Al momento siamo fermi sui 15 punti di vendita e stiamo affinando la formula per renderla sempre più originale, unica».
Mai pensato di aprire nel centro o sud Italia?
«Più si va verso sud e più la competizione è difficile. Semmai Signorvino nasce per l’estero. Dobbiamo accrescere la squadra e far crescere la formula, intanto, poi ci sposteremo. Abbiamo tantissime richieste in Europa, città come Monaco di Baviera, Varsavia, altre capitali, e ci chiedono di aprire anche in Cina, Giappone, Stati Uniti. Un passo alla volta».
A Vinitaly 2017 ci sarà un focus su Usa e Cina per la crescita mirata all’estero del settore wine & food: girando il mondo, pensa che il wine & food italiano abbia potenzialità ancora inespresse in molti Paesi?
«Le potenzialità sono enormi. Basti pensare che ovunque nel mondo le catene di ristoranti sono ispirate all’Italia. Il problema è che non sono fatte da italiani ma da americani, tedeschi, giapponesi. Noi abbiamo tanta cultura del prodotto e poca cultura organizzativa, siamo bravi ma molto individualisti: facciamo fatica a fare grandi aziende che se la giochino sul panorama mondiale».
Cos’intende per cultura organizzativa?
«Lavorare insieme, accettare il proprio ruolo, collaborare con gli altri. Anche la cultura italiana è un po’ contraria alle grandi aziende: si dice sempre “aiutiamo le piccole-medie imprese”. Va bene, ma è giusto aiutarle perché crescano e diventino grandi…».
In fatto di cultura organizzativa, che impatto ha la presenza dell’80 per cento di donne in azienda a Calzedonia?
«Chiaramente è una scelta naturale, visto il prodotto. Dopodiché la donna per me ha capacità inespresse: capisce molto più di noi su molte cose pratiche, e sa fare tanti ruoli insieme, anche perché la vita la obbliga a questo tipo di scelta».
Pronti con le nuove aperture di Calzedonia in Usa e Cina?
«Negli Usa eravamo a un solo negozio: ne apriremo dieci, quest’anno. In Cina siamo presenti a Hong Kong, dieci negozi, e ne apriremo due a Shanghai nei prossimi 15 giorni. Il primo negozio Usa l’abbiamo aperto in New Jersey, un’oretta di auto da Manhattan: quest’anno faremo le aperture nella zona di New York con un punto vendita sulla Quinta Strada».
Cosa vi hanno detto le indagini sul mercato americano e cinese?
«È come per il vino. Il mercato c’è, è grande, tanta offerta. Il difficile sta nel farsi conoscere e notare. Ci vogliono tempo, energie, idee, investimenti».
Avrà anche nuovi testimonial?
«Anche. Ne abbiamo parecchi di nuovi e quest’anno lanceremo una campagna mondiale rivoluzionaria che nessuno ha mai fatto, nell’intimo».
Differenze burocratiche tra l’aprire in Usa o Cina e l’aprire in Italia?
«Oggi per noi aprire in Italia è ordinaria amministrazione, ma quando siamo partiti non era semplice. Comunque non è vero che in Italia sia difficile e all’estero no. Ci sono burocrazie da imparare anche là. Il mito degli Usa senza burocrazie è, appunto, un mito».
Veniamo a Verona. Copertura dell’Arena: lei ha finanziato il concorso d’idee, c’è il progetto vincitore, ora sono iniziati i dialoghi con soprintendenza e ministero?
«I dialoghi li porta avanti il Comune, che sta sondando il terreno. Non so dirle di più. So che ci sono favorevoli e contrari: è un tema molto delicato». La copertura si farà?
«Non ci scommetterei tanto…».
Il candidato sindaco Michele Croce le ha chiesto, piuttosto, di entrare con i suoi capitali e la sua competenza nella gestione diretta di Fondazione Arena…
«Lo ringrazio per l’atto di fiducia. Ma non posso fare tutto nella vita. Già portare avanti aziende importanti significa avere un ruolo sociale importante».
A breve Verona torna a votare: di cos’avrebbe bisogno la città?
«Quest’amministrazione ha fatto un buon lavoro. Tosi non sarà un maestro della Crusca ma è uno pragmatico, che risolve i problemi pratici. Spero che chiunque venga eletto trovi le soluzioni alle questioni che stanno a cuore alla gente». A quali problemi pensa? «Ai problemi di qualsiasi città: mobilità, decoro, periferie, rifiuti».
Sulla mobilità Verona deve crescere?
«Non è la sola. Fortunatamente Verona non ha dimensioni enormi. Ma è vero che fin qui si è riusciti a fare poco».
Ma il cittadino veronese sa spostarsi in maniera intelligente?
«Non siamo una grandissima città quindi c’è un po’ più di tradizionalismo. Se car sharing e bici funzionano bene a Milano, è anche perché parliamo di Milano…».
Da imprenditore, cosa ne pensa del profilo che sta assumendo la Zai?
«Penso si debba stare attenti a non esagerare con le superfici commerciali. Finirebbe per andare a danno di tutti: chi ha investito prima, chi investirà dopo, la gente, la congestione. Il centro commerciale Adigeo era tanto, i progetti che vedo in corso di maturazione sono veramente troppi».
La cultura organizzativa La cultura italiana è un po’ contraria alle grandi aziende: si dice aiutiamo le piccole-medie imprese. Ma per crescere, però...
I mercati Usa e Cina Negli Usa apriremo 10 negozi. In Cina siamo a Hong Kong, 10 negozi, e ne apriamo 2 a Shanghai nei prossimi 15 giorni
Le prossime elezioni Tosi non sarà un maestro della Crusca ma è uno pratico, che risolve i problemi. Spero lo faccia anche chi verrà eletto