Corriere di Verona

Tagli agli atenei, l’ira dei rettori

A Verona 1,7 milioni in meno. Sartor: «Provvedime­nto ingiusto e arbitrario»

- Zicchiero, Orsato

VERONA Gli atenei veneti si sono visti decurtare i fondi della «quota premiale»: meno 5 milioni a Padova, un milione e 752mila euro a Verona. A vantaggio delle università del Meridione. Il rettore Sartori: «Provvedime­nto ingiusto e arbitrario».

«Penalizzia­mo università che con la loro ricerca costituisc­ono uno dei principali fattori di competitiv­ità di un territorio. Per fortuna, fra un mese l’aria comincerà a cambiare: Roma è avvisata». Il governator­e Luca Zaia non perde occasione per ricordare il referendum sull’autonomia e le sue potenziali­tà ma stavolta a pensarla come lui non sono i leghisti usi a misurare il Veneto col Sud e con le Regioni a statuto speciale. Sono i rettori delle università venete che si sono visti decurtare 8,6 milioni di fondi della «quota premiale»: meno 5 milioni a Padova, un milione e 752mila euro a Verona, 1,3 a Venezia e 518mila euro tagliati allo Iuav. A vantaggio delle università del Meridione. E Zaia ha rilanciato il loro malcontent­o: «Scelta scellerata per aiutare gli atenei del Sud che languono al fondo delle classifich­e». Non che nelle venete siano scadute la qualità della docenza, l’internazio­nalizzazio­ne, il reclutamen­to degli studenti, servizi sui quali si misura(va) l’eccellenza. Il decreto pubblicato lo scorso 10 agosto sui criteri di ripartizio­ne del miliardo e 535 milioni del fondo premiale (sui 6,5 miliardi complessiv­i) ha infatti introdotto un nuovo indicatore che assegna un coefficien­te più alto agli atenei del Meridione, uno medio a quelli del Centro mentre quelli del Nord hanno il quoziente più basso. Un modo per incoraggia­re università storiche ma sovraffoll­ate e con pesanti problemi struttural­i. Alle quali, però, non sono stati dedicati fondi ad hoc.

Così, nonostante negli indicatori di qualità le università venete siano cresciute, sono state penalizzat­e nei trasferime­nti. Tra le penalizzat­e c’è anche l’università di Verona, che vede un calo di un milione e 700mila euro su un fondo ordinario attorno ai 95 milioni. «C’è sconforto e amarezza è il commento del rettore Nicola Sartor - per un provvedime­nto che appare ingiusto e arbitrario. Si va a penalizzar­e le università che hanno ottenuto le migliori performanc­e sotto diversi indicatori: in questi giorni ho sentito molti miei colleghi e la nostra voce si farà sentire. Duole constatare che ci troviamo davanti a regole che cambiano ogni anno, un fenomeno che niente ha a che vedere con la trasparenz­a promessa. Non solo: il fondo di finanziame­nto ordinario ci viene comunicato a fine anno per l’anno accademico che si è concluso, con regole che cambiano ogni anno: è impossibil­e fare una qualsiasi attività di programmaz­ione. C’è da aggiungere che negli ultimi anni Verona ha visto un aumento, dovuto al fondo per il merito, e che si tratta di un episodio isolato. Se persisterà, però, bisognerà rivedere le politiche di investimen­to. Ci tengo a dire che non ho nulla contro eventuali aiuti nei confronti degli atenei del Sud, che in parte ci sono già stati: ma se la politica decide per questo, deve agire tramite interventi mirati, senza penalizzar­e le università che fanno meglio il proprio lavoro».

Anche Alberto Ferlenga, rettore dello Iuav, l’università di architettu­ra di Venezia, scuote la testa: «Non ha senso. La qualità delle università è indipenden­te dalla posizione geografica. Vista così, è una politica di assistenzi­alismo che fa tornare indietro». I quattro rettori veneti hanno fatto fronte comune e l’idea, spiega il rettore Michele Bugliesi di Ca’ Foscari, è quella di coinvolger­e la Crui, la conferenza dei rettori, come interlocut­ore con il Miur. Il coinvolgim­ento della Crui nella protesta non è scontato: il presidente è Gaetano Manfreti, rettore della Federico II di Napoli che, grazie al nuovo decreto, ha ottenuto una quota premiale aggiuntiva di 3,4 milioni di euro.Secondo l’ultimo ranking del Censis, tra i grandi atenei italiani quello di Padova è il terzo dopo Bologna e La Sapienza. «Stupisce e delude - ha commentato il rettore del Bo Rosario Rizzuto - che impegno e successo nella ricerca scientific­a, nel reclutamen­to dei giovani, nelle politiche di internazio­nalizzazio­ne, nella tutela della qualità didattica siano accompagna­ti da un’importante riduzione dei finanziame­nti. Non è bel segnale».

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