Un Hellas mai in partita con la Roma
Altra cocente sconfitta: 3-0 all’Olimpico. Oggi tocca al Chievo, Atalanta al Bentegodi
Hellas sconfitto per 3-0 all’Olimpico: apre Nainggolan, poi doppietta di Dzeko. Dopo il 5-0 rimediato in casa con la Fiorentina, nessun riscatto per la squadra di Pecchia, che lascia in panchina Pazzini preferendogli il giovane Kean. Gialloblù mai in partita, subito sopraffatti. E il punteggio finale poteva essere ben più pesante. Oggi tocca al Chievo, che ospita al Bentegodi l’Atalanta reduce dall’impresa in Europa League contro l’Everton. Maran conferma tutti.
La Roma passeggia sul Verona. Non è questo l’Hellas che può sperare di portare a casa la pellaccia in Serie A. E non è tanto per il risultato in sé, un 3-0 persino troppo morbido, ma per l’atteggiamento che i gialloblù mostrano all’Olimpico. I ritmi sono da amichevole, nel bene per la Roma, nel male per il Verona. Che il divario fosse larghissimo era un assioma. Che l’Hellas fosse talmente spaurito, un po’ meno. D’accordo, si mettevano in conto, le sofferenze che avrebbe dovuto sfidare il Verona all’Olimpico. Per primo, a registrarle, era stato Fabio Pecchia, al di là dell’uragano di gol che si è abbattuto contro l’Hellas con la Fiorentina e del gorgo di polemiche conseguenti. Ed è proprio per questo che il tecnico gialloblù disegna una squadra diversa, con un centrocampo ampio e con le sorprese cui, ormai, Pecchia ha abituato.
Fuori Pazzini – ma non è neanche più una novità –, intanto, e il vertice offensivo, unico autentico riferimento avanzato, è Kean. Dietro di lui, ecco una muraglia che regge finché può e che cede presto, quando sull’Olimpico si abbatte un fortunale che pare importato dall’Oriente, una pioggia monsonica che travolge la difesa del Verona, bucata dalla trama della Roma che mette Nainggolan in beata solitudine davanti a Nicolas: troppa grazia per non segnare. Tra tuoni e fulmini, la saetta s’infila nella porta dell’Hellas per uno svantaggio che era già stato anticipato dal palo scosso da Under e dall’ovvia superiorità, nel palleggio e nella carica muscolare, degli uomini di Eusebio Di Francesco.
La corsa si esaurisce presto, il Verona si affloscia come un fiore appassito, fuori stagione. La Roma si mette a giocherellare, scalda sempre più Florenzi, al rientro dopo una lunga assenza, e sulla destra sbucano le streghe. Al centro della difesa l’Hellas va anche peggio, e ci va a nozze Dzeko, sul gol del 2-0 che spedisce già in cambusa la partita. L’Hellas non c’è più, preso a bordate con una regolarità che, a tratti, diventa imbarazzante, sebbene fosse preventivabile.
Il Verona, così com’è, resta distantissimo dalla dimensione che gli permetterebbe di rincorrere in modo credibile la salvezza. Sono soltanto quattro le giornate disputate fin qui, ma le indicazioni sono chiare e inoppugnabili. Precisano, detto con franchezza, che per raggiungere l’obiettivo sarà obbligatorio che si verifichi una rivoluzione copernicana nella testa e nelle gambe. Ad ora non se ne vedono tracce. La doppietta di Dzeko è elementare quanto un’esercitazione in allenamento, l’espulsione di Souprayen evitabile, eppure figlia delle debolezze congenita del Verona. L’ingresso di Verde e Pazzini coincide con lievi segnali di vivacità, compreso un gol annullato al Pazzo, per fuorigioco. L’Hellas è come quel tale che se ne sta con un ombrellino da quattro soldi sotto il diluvio universale. I numeri dicono che ha preso 11 reti e ne ha realizzato uno, su rigore: cercasi Arca di Noè disperatamente.