La crociera del sesso salpa da Venezia
Oltre 600 posti (da 3mila euro) Già tutto sold-out
L’hanno chiamata la crociera del sesso. Una settimana nel mare Adriatico. È dedicata agli scambisti ma non solo. Salperà da Venezia il 27 settembre.
Eiaculatio precox prego astenersi. Il petting pubblicitario è iniziato nel giugno del 2016, così uno magari si è anche preso le ferie, ha prenotato, bonificato on line e poi va sapere - dopo un anno gli è passata la voglia e del sogno erotico gli resta solo il biglietto in tasca. Non tutti hanno una simile capacità di resistenza, persino gli aspiranti croceristi più infoiati possono accusare qualche dafaillance. E tuttavia non risultano disdette.
Chi ha resistito, mercoledì 27 finalmente si imbarcherà a Venezia sulla «Azamara Quest», non una nave, un bordello galleggiante attrezzato per 690 passeggeri, per una mini crociera sull’Adriatico dove gli sbarchi sono un optional: la meraviglia è stare a bordo e continuare a fare quello che si è pagato per fare. Da 3.183 euro a 11mila.
Ritorno previsto il 3 ottobre. Chi sta in basso paga meno, chi sta in alto di più, come sul Titanic. Il prezzo è «all inclusive», ristorazione raffinata, discrezione garantita, siccome la compagnia prevede che tutti abbiano visto il film «Eyes wide shut» di Kubrick si richiede estrema signorilità. Unico fast food ammesso, diciamo l’unica cosa da consuDubrownik, mare «self service», è appunto il sesso.
Le chiamavano «love boat», poi gli anglosassoni che sono più pragmatici hanno cominciato a chiamarle «fuck boat», noi - orgogliosi della nostra indipendenza linguistica – preferiamo chiamarle «trombonavi». Nello specifico la trombonave «Azamara Quest» è un vascello di medie dimensioni di proprietà dell’armatore messicano Rodrigo de la Pena, specializzatosi nelle crociere erotiche, e il suo «negozio» va sotto il nome di Original Group: una flotta composta da numerose navi, tutte più o meno maliziose, ma quella che lo è di più, quella che salta i preliminari e va subito al sodo è appunto l«Azamara Quest».
Partenza da Venezia, tappe a Spalato, Zara, Capodistria. Per quel che interessa ai passeggeri potrebbe anche starsene ferma in laguna. «Hard sex cruise» annunciano i depliant, a bordo sono previsti «pumping parties» e aree di «abbigliamentio opzionale», «playroom» private, nottate a tema, eccetera. Chi se ne intende non ha bisogno dell’inglese, in sostanza si tratta di un locale per scambisti di lusso e questa volta sull’acqua.
Qualche anno fa una analoga iniziativa finì nell’imbarazzo generale. Una «love boat» era previsto dovesse ugualmente prendere il largo da Venezia, non spingersi molto più lontano della «Azamara» e tornare in porto carica di emozioni. C’erano anche le prenotazioni, non mancò il clamore e la pubblicità, ma non risulta che il vascello sia mai partito, nave interrupta, per lo scandalo che sollevò e perché, si sospetta, alla fine mancavano i passeggeri.
Questa volta i passeggeri dovrebbero esserci, i clienti hanno pagato il biglietto, si imbarcheranno e quelli che come noi restano a terra non troveranno niente da ridire. Anche a stare in banchina ad aspettarli è tempo perso: in nave sono vietati telefonini, telecamere e arnesi di ripresa, quel che vi accade – è la regola della compagnia – deve rimanere riservato. E non c’è maniera di illustralo. Il «code manners» a bordo è rigidissimo, vietatissime le interazioni intime con il personale di bordo, orge sì ma in silenzio, rispetto degli orari, dopo mezzanotte si può ancora godere ma sottovoce.
Come in ogni posto frequentato, l’azienda raccomanda di «non lasciare incustoditi gli oggetti», in caso contrario non risponderà di eventuali furti di preservativi, pomate lubrificanti e godemiche vari.
In nave lo si fa meglio. Si sa. Per chi non ha i tremila euro da spendere esiste una valida alternativa un poco più a nord, a Copenhagen: con 80 euro si prende una cabina della Viking Line sulla rotta Helsinki, Stoccolma, Tallin. Il viaggio dura tre giorni e il risultato è lo stesso. Così dicono, così dicevano prima che anche questa favola diventasse metropolitana. Rovinata dagli italiani, pare, che ci accorrevano a frotte.
L’equivoco pecoreccio nacque per il fatto che a bordo delle navi della Viking Line l’alcool non è tassato, costa poco e costituisce ancora il modo più economico per ubriacarsi.