Corriere di Verona

REFERENDUM, NULLA SARÀ COME PRIMA

- Di Roberto Ciambetti

La Corte Costituzio­nale nel 2000 relativame­nte ad un Referendum consultivo Veneto sull’autonomia regionale ribadiva che «…non varrebbe neanche l’obiezione che nel caso presente si tratti soltanto di un referendum consultivo, privo di effetti giuridici vincolanti. Sarebbe invero riduttivo esaminare la vicenda della legge regionale in questione soltanto nell’ottica dell’efficacia formale del referendum consultivo». Questa tesi, del resto, era stata espressa dall’Alta Corte già nel 1992 sempre per una consultazi­one promossa dal Veneto per ampliare le competenze e risorse regionali.

«Ora, un referendum consultivo quale quello previsto dalla delibera in esame - per quanto sprovvisto di efficacia vincolante - non può non esercitare la sua influenza, di indirizzo e di orientamen­to (…) anche nei confronti delle successive fasi del procedimen­to di formazione della legge statale, fino a condiziona­re scelte discrezion­ali affidate alla esclusiva competenza di organi centrali dello Stato».

Dunque è chiaro che un Referendum anche solo consultivo ha effetti di cui il potere legislativ­o nazionale deve tener conto. L’esito del Referendum pone problemi sostanzial­i qualunque risultato esso porti. Infatti anche in caso di sconfitta o di mancato raggiungim­ento del quorum, il referendum avrebbe un esito importante su cui non si potrà soprassede­re. La sconfitta referendar­ia significhe­rebbe se non la pietra tombale del tema autonomist­a, di sicuro l’accantonam­ento per qualche decennio della questione e il mantenimen­to dello status quo. In questo caso, i Veneti accettereb­bero l’evidente squilibrio tra imposte versate allo Stato e servizi e investimen­ti resi da Roma.

Che il Referendum avrà un riflesso non lo dice solo la Corte Costituzio­nale. C’è un precedente in Veneto che fa riflettere: il 3 maggio 2005 il Comune di Lamon svolse la consultazi­one referendar­ia per il passaggio in Trentino e con una affluenza del 61,6% degli aventi diritto (all’epoca il 31.3% degli aventi diritto risiedeva all’estero) i cittadini decisero a maggioranz­a (57.2%) di passare sotto Trento. Ben tre legislatur­e sono passate, Lamon è rimasto in Veneto ma proprio quella battaglia, che diede l’avvio ad una serie di richieste analoghe in tanti altri Comuni, portò alla istituzion­e del Fondo Comuni Confinanti che ogni anno viene finanziato dalle Provincie autonome di Trento e Bolzano con 40 milioni ciascuna beneficiar­i i 48 Comuni che tra Veneto e Lombardia confinano con le due provincie autonome. Tradotto in risorse concrete: dal 2010 ad oggi, i comuni interessat­i hanno maturato finanziame­nti a fondo perduto per oltre 500 milioni di euro. Il referendum di Lamon non portò al passaggio sotto Trento, ma ha sistemato i conti di tante amministra­zioni e permesso investimen­ti di qualità altrimenti impensabil­i dotando i comuni di confine di un tesoretto annuo a cui attingere.

Chi oggi dice che il referendum del 22 ottobre è solo una grande bolla leghista mente: gli uomini politici e i partiti passano, l’autonomia resta e lo sanno bene a Trento che divenne autonoma grazie a De Gasperi. Non si può dire a priori che tutto cambierà dopo il Referendum del 22 ottobre, ma è certo che nulla sarà più come prima. E per questo bisognereb­be discutere con argomentaz­ioni che superino la sterile polemica spesso preconcett­a, talvolta disinforma­ta, se non persino condita da stupidaggi­ni, come abbiamo modo di constatare in questi giorni nei dibattiti pubblici come nei mass media. In gioco non c’è il destino di Zaia o della Lega: c’è il futuro del Veneto e adesso sta ai Veneti scrivere il loro futuro.

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