Omicidio in seminario, scontro sul Dna
«Il processo non deve accertare solo l’eventuale autore dell’omicidio, ma innanzitutto se omicidio è stato». Così l’avvocato Vincenzo Calderoni, del foro de L’Aquila, nella prima udienza del processo, davanti la Corte di Assise di Trieste in cui monsignor Paolo Piccoli, 52enne sacerdote veronese (in foto), in passato parroco nella diocesi del capoluogo abruzzese, è accusato di aver ucciso monsignor Giuseppe Rocco, 92 anni, trovato strangolato nella sua camera nel seminario di Trieste, il 25 aprile 2014. Rocco fu strangolato nella sua stanza, alla casa del clero. A trovare il corpo fu la perpetua Eleonora Dibitonto che è diventata una delle testi chiave contro il prete veronese, dopo aver raccontato agli inquirenti che tra i due prelati non correva buon sangue e al momento dell’estrema unzione, Piccoli si era girato per non guardare il corpo di monsignor Rocco. Il movente del delitto sarebbe in una serie di furti di oggetti sacri che Rocco avrebbe scoperto. Il canonico Piccoli, a riposo per motivi di salute, è ancora incardinato nella Curia del capoluogo. «Non si può dare nulla per scontato, altrimenti il dibattimento partirebbe con un pregiudizio», ha proseguito Calderoni che ha assunto la difesa insieme al collega Stefano Cesco di Pordenone. Nell’udienza di ieri c’è stato uno scontro in aula sull’utilizzabilità come prova di un accertamento dei Carabinieri del Ris sul Dna dell’imputato fatto senza avvisare il religioso, come evidenziato da uno dei legali di Piccoli, Calderoni. Per la difesa il reperto, costituito da tracce di sangue, è spiegabile con il contatto che ci sarebbe stato tra i due sacerdoti per impartire il sacramento dell’estrema unzione.
In ogni caso, Calderoni ha presentato un’eccezione perché, non essendo iscritto nel registro degli indagati all’epoca degli accertamenti, monsignor Piccoli non aveva potuto difendersi né nominare un proprio perito di parte. Il pubblico ministero Matteo Tripani, al contrario, ha sostenuto l’utilizzabilità. Alla fine il collegio giudicante, per bocca del presidente, il magistrato Filippo Gullotta, ha ritenuto la prova utilizzabile respingendo i rilievi della difesa. La Corte ha anche ammesso le liste dei testimoni dell’accusa e della difesa, per un totale di centinaia di deposizioni previste.
Non ci sono state ulteriori eccezioni preliminari, quindi l’udienza è stata rinviata al prossimo 13 ottobre quando, in particolare, verrà conferito incarico al perito che dovrà occuparsi della trascrizione delle numerose intercettazioni ambientali e telefoniche.