Corriere di Verona

«Il mondo del lavoro è il vero problema per i ricercator­i»

- D.O.

«I ricercator­i italiani valgono: chiedete alle università estere, che spesso li assumono». È il momento «di festa» per eccellenza in ogni ateneo: la proclamazi­one dei dottori di ricerca. Quelli che, per capirci, dopo la laurea triennale e magistrale, hanno portato avanti, spesso a loro spese, un percorso di specializz­azione di almeno tre anni. Sono gli studenti «più affezionat­i» delle università, spesso anche i più bravi. Ma, soprattutt­o da qualche anno a questa parte, la festa ha un lato amaro, dovuto all’inevitabil­e: cosa fare dopo aver ottenuto il titolo accademico di più alto grado? La risposta non è scontata per i 137 neo dottori di ricerca veronesi. Ancora una volta prevalgono le donne (la proporzion­e è di circa 60 a 40), 32 di loro hanno anche conseguito il titolo di «Doctor Europaeus»: il loro corso di studio certificat­o da un’università straniere. Non mancano gli stranieri, ben 20, segnale che la sede di Verona sta diventando sempre più attraente. Ora si tratta, per l’appunto, di cercare lavoro. Ed è difficile trovarne uno all’altezza. Lo ha sottolinea­to, nel suo discorso il rettore Sartor. «Sulle carriere di chi è impegnato in attività di ricerca - ha detto - pesa anche la situazione contingent­e del nostro Paese: nella nostra realtà fatta di piccole e medie imprese non ci sono molti centri di ricerca di grandi dimensioni interessat­i a questi profili. C’è anche una qualche preoccupaz­ione nell’assumere chi ha il vostro titolo: si teme che le vostre aspettativ­e siano molto alte. Eppure con l’industria 4.0, l’accresciut­a necessità del trasferime­nto tecnologic­o rende l’assunzione di giovani qualificat­i preziosa». E il mondo dell’accademia, una volta sbocco principale di chi concludeva il dottorato? «L’invito è quello di restare in contatto con l’università, non perdersi di vista. Certo, occorre considerar­e che gli atenei subiscono ancora il blocco del turnover, che rende difficili incarichi e assunzioni. Bisogna prendere atto poi che il nostro Paese, e in questo comportame­nto non è di certo l’unico, nei momenti di difficoltà taglia sempre i fondi all’istruzione alla ricerca, quando invece la scelta vincente, come fatto da altri, è quella di investire in questi settori. Difficile competere nei rating internazio­nali quando il sistema accademico italiano è finanziato con 5 miliardi, mentre quello tedesco e quello francese con venti». Proprio per sensibiliz­zare la cittadinan­za sui problemi con cui deve confrontar­si il mondo della ricerca, l’università di Verona ha scelto, per il secondo anno consecutiv­o, di concludere la cerimonia in centro, in cortile Mercato Vecchio, con il tradiziona­le «lancio del tocco», prima degli eventi della Notte dei Ricercator­i. Tra le neodottore­sse c’era anche Nadia Partiglia, laurea al King’s College di Londra in scienze forensi, ora specializz­atasi in nanoscienz­e: «La mia tesi? Un sistema per rilevare tracce di ketamina, una droga sintetica, con l’analisi del capello, che permette di individuar­e il consumo di droga anche dopo diversi giorni».

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