Corriere di Verona

NORDEST, IL FUTURO NEI PORTI

- di Paolo Costa

La nuova stagione dello sviluppo del Nordest può partire dal mare. È toccato a Romano Prodi, alla festa per il 130° anniversar­io della fondazione de Il Gazzettino provare a dettare l’agenda per lo sviluppo del Nordest. A indicare il tema prioritari­o da svolgere per aprire nuove prospettiv­e al futuro di questa parte dell’Italia, il chiodo al quale appendere il quadro della sua strategia di crescita. Lo ha fatto con la forza di chi, come il bimbo della favola, non ha timore di dire che «il re è nudo». E il vestito dell’imperatore che molti sciocchi cortigiani fingono di non vedere è il dono provvidenz­iale dell’affacciars­i del Nordest, ma anche dell’Emilia Romagna, da un lato, e di Slovenia e Croazia, dall’altro, su quell’Alto Adriatico i cui porti sono oggi al centro del corridoio globale privilegia­to di movimentaz­ione delle merci tra l’Europa e l’oltre Suez: il mondo asiatico, oggi, e africano, domani, che segnerà sempre più lo sviluppo globale del XXI° secolo. I porti di Ravenna e Venezia, per i mercati della pianura padana e dell’oltre Brennero, e quelli di Trieste, Capodistri­a e Fiume, per i mercati dei Balcani e dell’ Europa centro-orientale, consentono ai trasporti oceanici di minimizzar­e il costo del trasporto EuropaAsia sia sulla tratta marittima, sia, soprattutt­o sulla tratta terrestre. La condizione è che si gestiscano volumi di traffico che nessuno di questi cinque porti può trattare da solo.

Quei volumi di traffico tra l’Europa e l’oltre Suez che oggi sono costretti ad usare i porti del Mar del Nord. L’unione dei cinque scali alto-adriatici esprimereb­be il potenziale necessario a metterli al centro del più grande flusso commercial­e e di sviluppo dell’intero globo. Un fatto tanto evidente, da «il re è nudo» appunto, che era già stato preso in consideraz­ione dai cinque porti che nel 2010 avevano costituito il Napa, la North Adriatic Port Associatio­n. L’associazio­ne presentata­si solidale a Bruxelles a sostenere, e ad ottenere, politiche europee di riequilibr­io tra Mar del Nord e Mediterran­eo. Il NAPA aveva preparato e coordinato lo sviluppo di quelli che sarebbero dovuti diventare cinque scali dello stesso porto, tutti messi egualmente nelle condizioni di adeguare le loro strutture alle nuove dimensioni delle navi e dei loro mega carichi, risolvendo i problemi di accessibil­ità nautica, a Venezia e Ravenna, quelli della carenza di spazi a terra a Trieste e Capodistri­a, o di collegamen­ti alla rete ferroviari­a europea a Fiume. Un successo travolgent­e che aveva perfino messo paura ai porti di Anversa, Rotterdam e Amburgo, che erano intervenut­i a Bruxelles, per la prima volta assieme, per cercare di stoppare il Napa e continuare a dominare la politica portuale comunitari­a. Poi qualche cambio di atteggiame­nto nei referenti politici dei porti Napa, italiche miopie, tentenname­nti ed egoismi hanno rotto l’incantesim­o. Questo o quel porto Napa è stato tentato dall’idea di poter vince la partita da solo. Poi si è persa l’occasione della riforma portuale Delrio, che pur predicando la riduzione del numero delle autorità portuali, in Alto Adriatico razzolava il mantenimen­to di autorità distinte a Ravenna, Venezia e Trieste e nemmeno osava tenere aperta la prospettiv­a, pur prevista dalle norme europee e praticata in altre parti dell’Unione, di costruire un Autorità portuale «europea» allargata al porto sloveno di Capodistri­a e a quello croato di Fiume. Occasione persa di creare un soggetto davvero capace di interloqui­re con i grandi operatori logistici a terra e con le grandi compagnie di navigazion­e in mare. Il fatto che poi nel 2013 la Cina nella sua proposta di Via della Seta marittima, parte della sua strategia globale BRI (Belt and Road Initiative) , riconosces­se nell’Alto Adriatico, simbolicam­ente rappresent­ato dal nome di Venezia, il suo terminale occidental­e ideale veniva solo a confermare la bontà della strategia del NAPA. Occasione persa del tutto? No, perché fortunatam­ente i cinesi disegnano strategie di lungo periodo e attendono con pazienza che le cose maturino. Naturalmen­te preparando­si anche soluzioni di riserva, come quella di estendere dal Pireo una «via della seta balcanica» capace di raggiunger­e comunque il centro Europa. E perché la riforma Delrio prevede che fra un anno si possa rimettere mano alla definizion­e delle autorità portuali. Se il Veneto, in primis, si facesse promotore di un coordiname­nto con Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia per creare almeno la grande authority italiana dell’alto adriatico e premesse sul governo italiano per avviare in sede europea la creazione del più grande porto del Mediterran­eo, utile come nessun altro all’Europa e capace di innescare per il Nordest felici prospettiv­e di sviluppo dimostrere­bbe di essere capace di raccoglier­e la sfida del mondo. La sola che conterà nei prossimi anni. Si può sbagliare una volta, ma perseverar­e è diabolico-.

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