Corriere di Verona

Bressa, voce del governo «Il Veneto non sarà mai come Trento e Bolzano Lo dice la Costituzio­ne»

- Ma. Bo.

Gianclaudi­o Bressa, sottosegre­tario agli Affari regionali, molti accostano il referendum indipenden­tista catalano di domenica a quello autonomist­a che si celebrerà il 22 ottobre in Veneto. Il parallelo la convince?

«Guardi, nel teatrino della politica tutto si può dire, ci siamo abituati. Ma sul piano istituzion­ale, l’unico su cui accetto di confrontar­mi seriamente, le due vicende sono radicalmen­te diverse. Il referendum catalano ha avuto parere contrario dalla Corte costituzio­nale spagnola e dalla Commission­e di giustizia costituzio­nale catalana; il referendum veneto, al contrario, si farà dopo il vaglio positivo della Consulta. E non poteva essere diversamen­te, visto che il quesito ripropone un articolo della Costituzio­ne ed anzi, proprio in questo sta l’eccentrici­tà della consultazi­one veneta: si fa un referendum per avere qualcosa che già si ha. Lo ripeto per l’ennesima volta, perché non voglio che i cittadini vengano presi in giro: il 23 ottobre, in Veneto, si starà esattament­e come si stava il 21».

Dalla Scozia alla Catalogna, passando per il Veneto, è un fatto che il malcontent­o oggi si traduca in un’irrefrenab­ile voglia di andarsene, la secessione diventa «la soluzione».

«In effetti c’è un comun denominato­re, quello della perdita del senso della realtà. Nel confronto globale l’unico soggetto a cui possiamo fare riferiment­o è l’Europa, un’Europa delle nazioni che finora forse non avrà funzionato al meglio, ma di certo non si può sostituire con un’Europa delle Regioni, magari suggestiva ma che non potrà mai confrontar­si con gli Usa, la Cina, la Russia. Baloccarsi con l’idea delle piccole patrie, in un momento come questo, rischia di essere molto pericoloso».

Quanto accaduto in Catalogna può essere un monito per il governo italiano nella gestione delle richieste autonomist­e del Veneto?

«E perché mai? Io non vedo alcuna chiusura da parte del governo che finora ha gestito in modo assolutame­nte corretto il suo rapporto con le autonomie. Semmai è l’esatto contrario: c’è chi usa l’argomento dell’autonomia per perseguire disegni indipenden­tisti che si pongono al di fuori della Costituzio­ne e dunque, sempliceme­nte, non possono esistere. Non dimentichi­amoci che l’unità e l’indivisibi­lità della Repubblica è un principio fondamenta­le della nostra Carta, in quanto tale sottratto perfino al processo di revisione costituzio­nale».

E se i veneti insistesse­ro? In consiglio regionale è appena stata depositata una nuova proposta di legge per l’indizione di un referendum indipenden­tista.

«L’ipotesi è già stata bocciata una volta dalla Corte costituzio­nale, per le ragioni che le dicevo. Vedremo, ma lei pensa davvero che il consiglio regionale possa approvare una legge simile, che Zaia possa esserne protagonis­ta?».

L’hanno già fatto una volta.

«Ho qui con me una delle ultime interviste di Zaia... “paroni a casa nostra”..., “trattenere i soldi da Roma”..., “saremo come Trento e Bolzano”... Mi pare che siamo lontani dalla secessione contro tutto e contro tutti, anche se alcuni degli argomenti a cui ricorre Zaia sono costituzio­nalmente non percorribi­li».

Quali?

«Ad esempio l’ipotesi di trattenere il “residuo fiscale”, mandando all’aria gli equilibri di finanza pubblica. E poi come la metteremmo con i 6 miliardi di euro che ogni anno vengono spesi in Veneto per le pensioni e gli ammortizza­tori sociali? E il crack delle banche popolari? Allo Stato è costato 5 miliardi, per fronteggia­rlo il Veneto avrebbe dovuto chiudere gli ospedali. Invece è stato soccorso. Come vede, si gioca con fantasie pericolose e malate». Lei esclude anche che il Veneto possa essere un giorno come Trento e Bolzano.

«Non lo escludo io ma la Corte costituzio­nale, categorica­mente».

Dando per scontata la vittoria del Sì, quanto ci vorrà perché al Veneto siano riconosciu­te le prime forme di autonomia?

«Autonomia da chi, su cosa, con quale strumento, con quali risorse? Dare un orizzonte temporale oggi è impossibil­e perché l’iter non è mai stato avviato, nonostante ciò sia possibile dal 2001. Se non c’è un inizio, come si può immaginare una fine? Si stanno tentando scorciatoi­e impraticab­ili mentre si sarebbe guadagnato tempo se si fosse accolta la disponibil­ità manifestat­a nel 2015 dal ministro per gli Affari regionali Enrico Costa. E invece siamo ancora qui ad inseguire le bugie e la propaganda di Zaia».

È lei il regista dell’improvvisa svolta autonomist­a dell’Emilia Romagna?

«Macché regista, macché improvvisa, ma che sta dicendo? Basta sciocchezz­e, come quelle sul presunto “sgambetto” al Veneto, l’Emilia Romagna da mesi tratta con noi sulla base dell’articolo 116 ed è impegnata in consultazi­oni con le forze politiche, i sindaci, le categorie, le parti sociali. Domani (oggi, ndr.) porteranno in consiglio regionale il frutto di questo lavoro, approvando una legge che darà avvio ufficiale all’iter costituzio­nale».

In questo caso, quindi, è possibile dare una tempistica, giusto?

«Credo che la trattativa governo-Regione si possa chiudere entro legislatur­a. Vedremo se entro lo stesso termine si riuscirà ad approvare anche la legge in parlamento, questo non lo so, ma in ogni caso il lavoro non verrà buttato via e la legge potrà essere ripresenta­ta all’inizio della prossima legislatur­a, perché è un approccio serio. Per la serietà di Zaia e Maroni, invece, valga questo aneddoto: Veneto e Lombardia all’inizio del 2008 presentano al governo Prodi richiesta di avvio dell’iter ex articolo 116. Tre mesi dopo, a maggio 2008, Zaia venne nominato ministro dell’Agricoltur­a e Maroni ministro del Welfare nel neonato governo Berlusconi. Lei ha più sentito parlare di autonomia, in quella legislatur­a?».

Il governo è disponibil­e ma basta bugie e basta propaganda perché così l’autonomia si allontana soltanto

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