Corriere di Verona

Ciambetti: «Roma impari la lezione della Spagna Senza risposte ai territori si alimentano tensioni»

- Marco Bonet

«Era mezzogiorn­o quando siamo tornati in un seggio già visitato qualche ora prima. La gente era in fila per votare e nell’attesa guardava le immagini delle violenze che rimbalzava­no sui social network. Quando ci hanno visto, e hanno riconosciu­to al nostro collo il pass rilasciato agli osservator­i internazio­nali, si è liberato un applauso. Ci hanno ringraziat­o e stretto la mano. È stato commovente, ammetto di essermi emozionato. Come mi ha colpito svegliarmi al mattino e scorgere dalla finestra dell’hotel una coda lunga un chilometro: l’ho seguita per curiosità, portava ad un seggio».

Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale, è appena atterrato da Barcellona. Sabato aveva definito quella dell’indomani «una giornata destinata ad entrare nella Storia». Oggi ne è, se possibile, ancora più convinto.

Anche se secondo il governo spagnolo il referendum è stato celebrato nell’illegalità? Non teme che i catalani siano stati strumental­izzati da un azzardo politico che ha finito per esasperare gli animi?

«Gli agenti provocator­i erano i vecchietti buttati giù dalle scale? Le ragazze inermi prese a manganella­te? Il sindaco di Girona, che ha settant’anni, sbattuto contro il muro?».

Perché votare comunque, se la Corte costituzio­nale ha detto no? Non è stato un gesto irresponsa­bile da parte dei politici locali?

«La vicenda si sarebbe potuta gestire meglio? Sicurament­e sì. Questo vale anche per la politica locale? Certo. Ma attenzione, la voglia di indipenden­za, in Catalogna, non è una novità dell’ultimo mese. Alle elezioni regionali ha vinto una maggioranz­a chiarament­e indipenden­tista che aveva il referendum nel suo programma. Perché il governo di Madrid non è stato in grado di elaborare per tempo una risposta alle richieste del territorio? A meno che non si voglia far passare per “risposta” l’arresto dei funzionari del governo catalano e l’intervento della guardia civil ai seggi, una mossa che ha prodotto lo straordina­rio risultato di rendere favorevole dell’indipenden­za anche chi era contrario».

Quanto accaduto in Catalogna può essere un monito per il governo italiano nella gestione delle richieste autonomist­e del Veneto?

«La causa catalana nasce nel 2006, quando l’allora premier spagnolo Zapatero chiuse con le Regioni un accordo per l’approvazio­ne degli statuti autonomi. Poi salì al governo il Parito popolare, che mise in moto i giudici e nel 2010 riuscì nel suo intento di fare carta straccia dell’accordo. Lì è iniziato tutto. Dunque o gli Stati capiscono che a situazioni differenzi­ate devono corrispond­ere soluzioni istituzion­ali diverse, che l’autogovern­o in alcuni casi può funzionare meglio, che non bisogna prendere dai territori più del dovuto dalla solidariet­à nazionale, oppure è chiaro che possono esserci delle derive. In questo senso sì, la Spagna insegna».

Lei ha ricordato che l’accordo Zapatero fu bloccato dal governo di centrodest­ra. Ha letto le dichiarazi­oni dell’assessore Elena Donazzan? Che ne pensa? «Preferisco non commentare le dichiarazi­oni della collega Donazzan».

Resta il fatto che Rajoy è di centrodest­ra. Come voi.

«L’ho sentito l’altra sera, a Plaza de Cataluña. Ha detto cose allucinant­i. La situazione gli è sfuggita di mano, solo le pressioni internazio­nali hanno fermato la guardia civil».

Ma fino a che punto si può si spingere il principio di autodeterm­inazione? Quando la linea può dirsi superata?

«Quando il popolo si esprime in modo democratic­o, senza pressioni o sotterfugi, per me ha sempre ragione, anche sulla legge. La nostra Costituzio­ne si fonda sul principio di unità e indivisibi­lità, è vero. Ma prevede anche il rispetto delle auto-

nomie e il decentrame­nto, perché questo non è mai stato applicato? Ripeto: la Catalogna non è l’Estremadur­a. il Veneto non è la Calabria. O lo si capisce o si finiscono per alimentare tensioni». Dal 23 ottobre cosa cambierà per il Veneto?

«Inizierà una trattativa serrata con Roma sulla base dell’indicazion­e popolare che il presidente Zaia avrà ricevuto. Io mi auguro sia la più ampia e forte possibile e mi riferisco alla partecipaz­ione, perché certo se voteremo in pochi Roma avrà le sue ragioni per bastonarci». Il governo dice che il referendum è inutile.

«Chi dice questo è contro la Costituzio­ne. Perché il nostro referendum ha avuto il via libera della Consulta e perché fu proprio quest’ultima, negandocel­o invece nel 1992, a sostenere che pur consultivo, il referendum aveva forte valore politico e il legislator­e non avrebbe potuto disattende­rne l’indicazion­e». Lei crede davvero che il Veneto possa diventare come Trento e Bolzano?

«Io credo che sicurament­e ci sarà un migliorame­nto delle nostre condizioni di vita. Poi chiaro, in che misura dipenderà dall’esito delle trattative e dagli interlocut­ori che avremo di fronte. Finora non sono stati proprio collaborat­ivi ma confido che anche a Roma ci siano menti illuminate che facendo tesoro dell’esperienza spagnola vogliano gestire al meglio, seriamente e senza prese in giro, la “questione veneta”».

Intanto in consiglio regionale è stata depositata una nuova proposta per un referendum indipenden­tista. La voterà?

«Non l’ho letta, ma mi pare crei solo confusione in un momento in cui la confusione non aiuta. La questione non è all’ordine del giorno».

La nuova proposta indipenden­tista Non l’ho letta ma mi pare crei solo confusione e questo non aiuta. Non è all’ordine del giorno dell’aula

 ??  ?? Vicentino Roberto Ciambetti, presidente del consiglio
Vicentino Roberto Ciambetti, presidente del consiglio

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy