Corriere di Verona

Autonomia, tavolo con le categorie

Presto un incontro con il governator­e Zaia. Dal lavoro alla scuola fino alle infrastrut­ture: ecco l’elenco delle priorità Gli imprendito­ri per il Sì: «Ma ci bastano poche e chiare competenze». Sindacato diviso

- Zicchiero

VENEZIA Quattro, o cinque competenze ben pesate possono bastare. Industrial­i, artigiani, commercian­ti e sindacati prendono partito sul referendum per l’autonomia del Veneto e in attesa del tavolo di confronto ad hoc col presidente Zaia, tratteggia­no a grandi linee quale autonomia immaginano per il territorio. Scuola, lavoro, infrastrut­ture, sviluppo economico e welfare sono nella top five delle deleghe che le parti sociali ritengono strategich­e. Ma non mancano voci critiche.

VENEZIA Dopo l’accordo con i presidenti della Province, la Regione aprirà un tavolo sull’autonomia anche con le parti sociali. Sottratta alla vaghezza del quesito e alla richiesta «onnivora» di Palazzo Balbi (il presidente Luca Zaia: «Chiederemo tutte le 23 previste dall’articolo 116 della Costituzio­ne, il Veneto come Trento e Bolzano»), l’autonomia vista dalle parte sociali ha contorni solidi. Non serve chiedere tutto e subito, basta poco e bene e nell’ideale top five delle deleghe da conquistar­e figurano ai primi posti scuola, lavoro e infrastrut­ture. E questo chiederann­o le categorie al tavolo che Zaia in una lettera alla Cisl ha promesso di aprire per un confronto sui contenuti. L’importante è che l’autonomia porti più soldi, migliori servizi e meno burocrazia», la voce quasi unanime che si leva dalle parti sociali. Quasi.

 Matteo Zoppas Competenze alla Regione solo per raggiunger­e obiettivi strettamen­te legati alle esigenze delle imprese  Agostino Bonomo Il referendum non è scontato né inutile: serve a dare alla Regione l’ultimo miglio dei servizi  Umberto Vincenti Non è auspicabil­e che la Regione abbia competenze sulle università: il localismo ha già fatto disastri  Massimo Zanon Per avere un futuro, bisogna essere competitiv­i abbassando le tasse e migliorand­o i servizi  Onofrio Rota Sì a competenze su scuola, lavoro, previdenza e welfare Ma la Regione non è all’altezza di gestirne 23

«L’università alla Regione? No, grazie»

«Per l’università, il referendum non cambierà assolutame­nte nulla – prevede Umberto Vincenti, giurista e docente di Diritto Pubblico e Critica del Diritto all’università di Padova – È arduo che la Regione acquisisca le competenze sull’università e non sarebbe nemmeno auspicabil­e. Quando il localismo camuffato da autonomia è entrato all’università, è stato un disastro perché ha offerto possibilit­à manovriere maggiori ai finti baroncini e ho paura che i concorsi un domani possano decidersi nei caffè locali». Vincenti crede nello Stato, meno nel centralism­o e niente nel localismo. «Mi fa paura che Venezia dia le sue linee per governare le università venete. La vera battaglia? Eliminare le Regioni a statuto speciale».

Categorie, sì unanime

All’altro estremo, il presidente di Confartigi­anato Veneto Agostino Bonomo. «Il referendum non è né banale, né scontato, né inutile», avverte. «Oggi si chiede la riduzione di una burocrazia che non ci possiamo più permettere. Dare l’ultimo miglio dei servizi alle Regioni, di questo stiamo parlando». Tutto ciò di cui ha bisogno il mondo dell’artigianat­o veneto è contenuto in una ricerca di cento pagine curata dal professor Paolo Feltrin che Bonomo e presidenti provincial­i il 16 ottobre consegnera­nno ufficialme­nte a Zaia. «Quella di tutte le 23 competenze è una strada non percorribi­le, bastano quattro punti – spiega Bonomo – Primo: la Regione abbia la possibilit­à di definire l’artigianat­o non in base al numero dei dipendenti ma al valore artigiano della produzione, altrimenti le aziende sono obbligare a mancare l’obiettivo della crescita; una legge quadro regionale ad hoc e non massificat­a come quella nazionale che mette insieme marineria e concerie, ad esempio; e che si possa in qualche modo sancire che le gabbie salariali esistono di fatto, anche per pagare di più il personale qualificat­o». Quarta richiesta: la Regione abbia la possibilit­à di gestire la giustizia di pace, magari nell’inutilizza­to tribunale di Bassano, per sottrarre la litigiosit­à minuta su recupero crediti e liti condominia­li ai tribunali ordinari intasati.

Anche il consiglio direttivo degli artigiani della Cgia di Mestre ha deciso di dare indicazion­i agli iscritti di votare Sì. «L’importante è che tanti vadano a votare e che su questa base si apra la trattativa - dice Paolo Zabeo - A noi interessa che ci siano più risorse per le infrastrut­ture, non solo strade e ferrovie ma anche banda ultra larga sulla quale siamo fanalino di coda». Abbassare i costi e migliorare i servizi è l’obiettivo secondo Confcommer­cio, che col presidente veneto Massimo Zanon chiede di allineare le condizioni di operativit­à del Veneto a quello delle nazioni europee più produttive e performant­i. «Per avere futuro, bisogna essere competitiv­i, avere una tassazione più equa e servizi all’altezza e quindi bisogna lanciare un forte segnale – invita – Attenzione: non alla catalana, non ci tiriamo indietro rispetto alla solidariet­à nazionale, non ci si può tirare indietro rispetto a chi ha bisogno. Ma non si può avere bisogno per tutta la vita e uno Stato meglio organizzat­o dà una marcia in più». Per il turismo non cambierebb­e molto, visto che la competenza della promozione è già in capo a palazzo Balbi, fa notare il presidente di Confturism­o Veneto Marco Michielli. «Ma bisogna votare e votare sì per non fare una figuraccia con Roma – mette in chiaro – Non so come le risorse possano restare al territorio ma sarà benvenuto tutto ciò che arriverà in più per favorire le competenze già acquisite».

Confindust­ria, lo sviluppo prima di tutto

L’associazio­ne degli industrial­i ha messo le carte in tavola lo scorso marzo, proprio dopo un incontro con Zaia. «Rimanendo totalmente estranea al dibattito partitico, Confindust­ria Veneto ritiene fondata la visione di uno Stato federalist­a e opportuna la ricerca di una soluzione al problema del residuo fiscale, soprattutt­o in un contesto in cui la finanza pubblica continua ad essere uno dei nodi più critici del sistema Italia per la dimensione elevata del debito pubblico – ricorda il presidente Matteo Zoppas - Tale consenso è ancorato al raggiungim­ento di alcuni obiettivi e competenze, strettamen­te legati alle esigenze delle imprese, per i quali riteniamo giusto che il livello regionale abbia la titolarità diretta». Politiche industrial­i locali e gestione delle crisi e delle trasformaz­ioni del tessuto pro-

duttivo e dei servizi; il sistema formativo delle competenze dalla scuola d’infanzia fino all’università; il lavoro, le politiche attive ed i servizi all’impiego; il nuovo welfare, integrato fra pubblico e privato; l’assetto e l’organizzaz­ione degli Enti e delle Autonomie locali. «Ma anche il concorso determinan­te nella costruzion­e di una piattaform­a logistica fatta di trasporti, di infrastrut­ture e di connession­i digitali che mettano il Veneto in collegamen­to con l’Europa ed i grandi mercati mondiali - continua Zoppas L’affidament­o delle competenze in capo alla Regione richiederà naturalmen­te una diversa ripartizio­ne delle risorse raccolte attraverso l’Irpef, l’Ires e l’Iva».

Sindacati cauti

Se le categorie datoriali sono tutte per il referendum, quelle sindacali hanno visioni diverse. «Sì» ma con cautela, è quella della Cisl. «Mercato del lavoro e formazione profession­ale sono deleghe che sicurament­e dovrebbero andare alla Regione - riflette il segretario generale Onofrio Rota – Previdenza integrativ­a e welfare, la programmaz­ione e l’organizzaz­ione delle scuole anche, quindi con il personale. Ma le linee didattiche dovrebbero restare in capo al ministero perché è competenza che necessita di una visione nazionale d’insieme». Così come le infrastrut­ture come l’alta velocità o il commercio internazio­nale. «E certamente non il credito - scuote la testa - visto che la Regione non è riuscita nel ruolo di regia con le banche di credito cooperativ­o. Zaia deve mettere su tavolo quattro priorità, il Veneto non è all’altezza di gestire tutte le 23 competenze».

«Non ci impicchiam­o al sì o al no, non diamo indicazion­i – mette in chiaro Paolo Righetti, della segreteria regionale Cgil – Ma regionaliz­zare lla competenza sulla contrattaz­ione e la regolament­azione dei rapporti di lavoro significa far saltare le basi della contrattaz­ione nazionale – avverte- Ci siamo schierati contro il referendum costituzio­nale dell riforma Boschi per l’eccessivo accentrame­nto in capo allo Stato e allo stesso modo ora siamo preoccupat­i da un eccesso di concentraz­ione di poter in mano alla Regione. Sull’autonomia in sé c’è una condivisio­ne di fondo in Veneto ma il riordino di competenze tra Stato e territori è materia troppo importante e complessa per poter essere risolta con un referendum».

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